Congiunge le mani a mo’ di preghiera, Jasmine, e se ne va scusandosi non si sa bene di che cosa. È una ragazza di grandi virtù, che non ama sentirselo dire, considerandole normali e ritenendo più importante mostrarle anche nel giorno della sconfitta. È fatta di coraggio e talento, di estrema dedizione, e conosce la splendida arte di farti sorridere appena la vedi, mentre ci parli, quando ti saluta. Ma l’anima che la sorregge e la rende diversa, nasce dalla forgia di un’educazione impeccabile, nella quale non c’è niente di dovuto, e tutto ciò che si conquista nasce dal cuore e dai pensieri. Eppure, Jasmine Paolini si scusa, convinta che avrebbe dovuto fare di più. Un po’ seccata per gli errori madornali nei quali è incappata abbagliata dal sole, sui quali è riuscita a ridere con tutto lo stadio. Molto di più, invece, per non aver trovato dentro di sé le energie per gestire bene i turni di servizio e tenere in mano il pallino del gioco, come ha saputo fare nei primi game del match. Ma le energie non sono infinite, come i suoi sorrisi. E lei ne ha lasciate un po’ per tutto il circuito, lungo una stagione da mille imprese. A Melbourne, per la prima volta agli ottavi dopo 4 sconfitte al primo turno, a Dubai per la prima vittoria “1000” in carriera, poi a Roma, dove ha vinto in doppio, a Parigi dove ha giocato due finali, singolare e doppio, e a Wimbledon che l’ha rivista in finale.
La sconfitta con Muchova
Per non dire di quell’oro olimpico, che voleva vincere per sé e più ancora per l’amica Sara (Errani) che da anni, a quella medaglia da mettere al centro nella stanza dei suoi tanti trofei, faceva il filo. Un oro pagato dalla fatica di essere diventata d’improvviso famosa anche fuori dal tennis, con tutto ciò che comporta. Non scusarti, Jasmine. In fondo, è solo un altro Slam giocato molto meglio di quanto tu non abbia mai fatto. Sei uscita negli ottavi di un torneo dove avevi perso tre volte al primo turno e una volta al secondo. Sei andata oltre la seconda settimana di un Major per la quarta volta consecutiva, e non c’è stata italiana, prima di te, a raggiungere gli ottavi in tutte e quattro le prove di una stagione. E poi, avevi di fronte una ragazza, Karolina Muchova, di altissima scuola tennistica, anche lei finalista una volta nello Slam (Parigi 2023). Una numero uno mancata, tipico di un Paese che ha dato al tennis una leader storica (Martina Navratilova), esplosa però solo dopo il trasferimento negli Stati Uniti, e tante splendide atlete che quando sono arrivate sul podio più alto, o nelle sue vicinanze, si sono ritratte di colpo, quasi ne fossero rimaste scottate. Karolyna Pliskova l’ultima… In testa per otto settimane appena, mentre la più forte degli ultimi anni, Petra Kvitova, vincitrice di due Championships, non è andata oltre il secondo posto. L’anno scorso Karolina Muchova fu ottava, poi si è dovuta fermare dopo gli US Open. Infortunio al polso, operazione, otto mesi di stop. Il ritorno sull’erba di Eastbourne, a fine giugno, una finale a Palermo, per ritrovare la forma giusto in tempo per l’ultimo Slam.
Le parole di Jasmine
Grande qualità nei colpi, splendida dimestichezza con la rete, addirittura un tentativo di Sabr, forse il primo mai visto in campo femminile… Sabr sta per Sneak Attack by Roger, l’attacco furtivo di Federer, che si esegue andando incontro alla palla durante il servizio avversario (Roger partiva quasi dalla linea di battuta), un colpo che possono permettersi solo i tennisti dalla mano più calda. Jasmine ha cominciato bene, è andata avanti 3-1, poi Muchova ha azionato la catapulta e aperto varchi nella difesa dell’italiana. Qualcosa di simile è successo nel secondo set, che ha visto le due sul 3 pari prima del break che ha permesso alla ceca di prendere pieno possesso del match. «Mi è mancato il servizio, e non sono riuscita a evitare che fosse lei a prendere in mano il gioco», dice Jasmine, dispiaciuta. Il piano studiato è saltato sotto i colpi pesanti della ceca, «che è stata brava, poco da dire», riprende, «perché ha un tennis che esprime mille variazioni, e quando tutto le riesce diventa davvero spettacolare». Scuote la testa, «potevo fare di più». Ma su un argomento si schiera in difesa, quando si parla delle energie che le ha portato via l’oro olimpico. «Vittorie così belle sono fatte per essere portate sempre con sé. L’oro è stato felicità allo stato puro». Conviene però che è «il momento di una piccola pausa, poi la ripresa degli allenamenti per preparare bene il finale di stagione». C’è tanto da fare, Jasmine, avanti così.