Paolini, hai vinto lo stesso: l’ovazione di Wimbledon e le lacrime

Per la tennista azzurra sfuma il sogno di incidere il proprio nome sul Venus Rosewater Dish in un match caratterizzato da diversi errori da entrambe le parti, soprattutto nei primi due set
Paolini, hai vinto lo stesso: l’ovazione di Wimbledon e le lacrime© EPA

Alla fine, il peso della sconfitta è impossibile da ricacciare indietro. Insegue e travolge, e torna a visitarti di continuo, per annientarti con le immagini che volevi fossero tue. Ne basta una… Barbora che sale le scale del Centre Court, e corre spingendo e calpestando fino al suo spicchio di tribuna, dove l’attendono per l’abbraccio che serve a condividere le ansie di una vittoria che ha preso la strada più lunga per coagularsi intorno alla ragazza di Brno. La stringono in sette, forse in otto, è un abbraccio che toglie il respiro. Jasmine Paolini guarda seduta sulla sua panca, di lato al trespolo dell’arbitro, ed è il momento giusto per sentirsi triste e versare una lacrima. Avrebbe dato tutto per essere lei a correre verso i genitori, l’amica, il coach, e farsi sommergere di baci e complimenti. Non ce l’ha fatta per un nonnulla, ed è difficile spiegare che cosa sia il niente… Uno, due colpi appena andati di traverso, quando aveva rimesso ordine nelle sue paure e sembrava lei ad avere il comando delle operazioni.

La tristezza del 'secondo piatto'

Quel po’ di voglia di sorridere e di scherzare che trova dentro di sé, Jas la tira fuori per la premiazione, che rischia di aprire il rubinetto delle lacrime. La nostra ragazza resiste, ringrazia, si complimenta con Barbora, ma è triste come il piatto del secondo premio, che di fianco al Rosewater Dish intarsiato d’oro e d’argento che solleva la ceca sembra di latta. Signori di Wimbledon, voi che tutto potete e anche quest’anno avete intascato tra gli 80 e i 90 milioni di sterline, migliorate quel secondo premio che somiglia a un vassoio per portare il caffè alle amiche.

Ansia delle grandi occasioni

Ma che volete che importi a Jasmine. Lei quel piatto intarsiato l’ha accarezzato a lungo, ed è difficile dire come (e perché) le sia sfuggito. Barbora, grande, grossa e fifona non ha giocato meglio di lei, e non ha fatto di più. Primo e secondo set, addirittura, hanno finito per somigliarsi, entrambi dominati dall’ansia. Naturale, quella di Paolini, al suo secondo contatto con il Centre Court, uno stadio che vive di coreografie che si rinnovano di continuo, con il suo eterno sovrapporsi di volti noti e il campo rialzato rispetto alle prime file, che lo fa sembrare un palcoscenico teatrale. C’era Tom Cruise in divertiti approcci con una mora mozzafiato, c’era Zendaya, sempre più cittadina del tennis, e Hugh Jackman, mentre il coté tennistico vedeva schierata un bel po’ di storia dei Championhsips. La signora Gilkes, al secolo Maria Sharapova, tacco dodici a issarsi fino ai due metri, Martina Navratilova con la moglie sempre più bella, Billie Jean King. L’Italia rappresentata dal ministro Abodi in tribuna e da His Excellency Inigo Lambertini, ambasciatore nel Royal Box.

La cronaca degli errori nel match

Match giocato sul filo dei troppi errori, nei due set iniziali. Solida la ceca e spaesata Jasmine nel primo, brillante e volitiva la nostra nel secondo, mentre Barbora cadeva in un pozzo nero zeppo di doppi falli e di rovesci svolazzanti oltre la riga di fondo. Nel terzo Krejcikova ha ripreso in mano il proprio servizio, cosa che le ha permesso di arginare la frana del suo tennis tremebondo. Più propositiva, Paolini si manteneva una spanna più su dell’avversaria nell’impostazione delle giocate, ma era il punteggio a cambiare forma, rispetto al set precedente, perché la ceca tornava imbattibile nei suoi turni al servizio e si procedeva spalla a spalla. È su questi presupposti che ha preso forma il break assassino sul 3-3 che ha chiuso la porta di Wimbledon in faccia a Jasmine. Due pallate ben colpite dalla Krejcikova, finite a un centimetro dalla riga di fondo la prima, e da quella laterale l’altra. Jas ha provato a reagire, come si conviene a una giocatrice che merita, ormai, di essere considerata fra le campionesse del circuito. Sul servizio finale, Paolini ha avuto due palle break che avrebbero potuto rimettere tutto in discussione. Ma Barbora ha giocato bene i suoi servizi, annullando e riportandosi in testa. Fino all’errore di Jas, che ha dato il via ai festeggiamenti del team ceco.

Rimpianto Paolini e la premiazione per Krejcikova

Occasione fallita di un soffio. Niente a che vedere con la finale del Roland Garros che le qualità terricole della Swiatek (quattro vittorie negli ultimi cinque anni a Parigi) avevano trasformato in un monologo. Questa seconda finale Slam di Jasmine tornerà più volte a farle visita, la obbligherà a rigirarsi tra le lenzuola nelle notti che verranno e il magone non le passerà tanto presto. Ma quando il peggio sarà alle spalle, e avrà voglia di ripensarci, è probabile che vi troverà dentro infiniti spunti di riflessione. Avesse preso subito in mano la finale, mi chiedo se la ceca sarebbe riuscita a non scomporsi, come le è accaduto nel secondo set. Avesse previsto quelle due rapide artigliate di Barbora, a metà del terzo, e fosse riuscita a debellarle prendendo lei l’iniziativa, è possibile che il match avrebbe imboccato la strada che lei sperava. Dal mio punto di vista le direi di crederci ancora. Non è la seconda finale persa, ma la seconda finale raggiunta nello Slam. Barbora ha salutato il pubblico dei Championships dal balcone della Club House. Le tradizioni vanno rispettate. Quando è salita al primo piano, da dove si entra nel Royal Box, la presidentessa dell’All England Lawn Tennis e croquet Club, Deborah Jevans che poco prima l’aveva premiata, l’ha condotta davanti all’albo d’oro dove già figurava il suo nome, finito casualmente accanto a quello di Jana Novotna, che vinse il torneo nel 1998. Jana è stata il suo mentore, la sua insegnante, la prima a darle fiducia, e Barbora la ricorda sempre nelle sue vittorie. Lì la ceca si è sciolta in lacrime. Cuore tenero e tennis di primo livello. Ha meritato. Il guaio è che avrebbe meritato, e molto, anche Jasmine.

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