Wimbledon, in delirio per Wonder Jasmine Paolini

Nella semifinale più lunga della storia lascia Vekic in lacrime. Gioca una partita di grande caparbietà
Wimbledon, in delirio per Wonder Jasmine Paolini© Getty Images

Quando i match sfidano il paradosso, la risata resta la ricetta migliore per portarli dalla propria parte. Finiranno per scriverlo su una delle molte targhe che raccontano la storia di Wimbledon. E sotto ci sarà la firma di una ragazza un po’ ghanese, abbastanza polacca e molto, molto italiana. Jasmine Paolini ha la risata più bella del tennis. Sgorga come un torrente dalla sua polla, subito sussultante, comunicativa, inarrestabile. Vi prende e vi scuote, vi solleva, vi fa cambiare direzione, una volta, due, e poi ancora... È una risata fatata, ammaliante, quasi prodigiosa, che potreste seguire come il suono di un piffero magico. Le viene di getto, è la sua porta d’accesso al mondo, e un angolo in cui riparare. Ma non è mai prevaricante, mai smargiassa, mai offensiva, ci mancherebbe altro.

Le parole di mamma Jacqueline

È solo una risata alla Jasmine, presa per via diretta da mamma Jacqueline (Gardiner Paolini), che è uguale a lei, tra vent’anni… «Facciamo trenta», dice, guarda un po’, ridendo felice. «L’ho avuta a trent’anni». E di risata in risata racconta di quanto siano uguali, lei e la figlia. «Il tennis me l’ha portata via presto, da un momento all’altro. Ha cominciato, avrà avuto cinque anni, le è piaciuto, non faceva che ripetere gesti, colpi, inventare situazioni, e dall’esultanza che esprimeva vinceva ogni partita. Poi ha conosciuto gli amici del circolo, bravi ragazzi, e non l’ho vista più. Ma lei è una testa dura, ottiene ciò che vuole, quasi sempre. E in questo è uguale a me. Teste dure tutt’e due». Ma ci sono le finali dei tornei più belli e importanti, per ricongiungersi e ritrovarsi. Parigi poco più di un mese fa. Ora Wimbledon. «Sì, ma io non riesco ancora a farmene una ragione», dice mammà, al fianco di papà Ugo («ho rischiato un colpo al cuore», dice soltanto). Però la signora è dilagante: «Ho la testa in subbuglio per questa vittoria che non arrivava mai. Che volete che vi dica, mi sembra una cosa grande, enorme. Magari domattina mi sveglierò presto per dire a tutta la famiglia… Ehi, siamo in finale a Wimbledon. Ma ci devo ancora ragionare». Sì, siamo in finale.

Paolini numero 5 al mondo

Nell’era Sinner, Jasmine Paolini è alla terza finale Slam, due in singolare, una in doppio. E sarà numero cinque in classifica, anche vincendo. Potrebbe arrivare a un passo da Elena Rybakina, quarta, ex campionessa di Wimbledon battuta ieri da Barbora Krejcikova, ex padrona del Roland Garros. Sarà un match difficile contro la ceca, ma lo è stato anche quello contro Donna Vekic, una semifinale giocata sull’orlo di uno strapiombo, chiusa con 118 punti per la croata e 111 per Jasmine. Eppure, in quasi tre ore di rincorse, talvolta vane, a causa del tennis esagerato di Donna, che tira tutto, ma tutto tutto, anche quando non ce n’è bisogno, solo Jas ha avuto i match point per risolvere la sfida. Tre, in un arco di match lungo trentatré minuti, durante i quali la partita è stata rigiocata quasi da capo, sempre in bilico, indecisa verso quale parte indirizzarsi. In quella mezz’ora Paolini ha mostrato di essere ormai una grande giocatrice, perché non ha mollato una palla, nemmeno quelle realmente imprendibili. E ha spinto la croata a sfogare nelle lacrime le proprie frustrazioni di tennista spesso a un passo dalle migliori, mai però in grado di raggiungere una meta importante, come una finale dello Slam. Né un “mille”, come la Paolini ha fatto quest’anno vincendo a Dubai. Ha ventotto anni, Donna Vekic, è riemersa da un ginocchio a pezzi, parla italiano, e gioca come la prima Sharapova. Quasi una tennista incomprensibile, nel quadro attuale.

La partita contro Vekic

Sharapova, chi era costei? La ricordano in poche, la imitano ancora meno, forse solo lei, Donna, che fu per anni la compagna di Stan Wawrinka, una storia pure con Kokkinakis. Numero 19 nel 2019, prima di Wimbledon era data intorno al numero 37, la semifinale la riporterà vicina alla ventunesima posizione. La allena Nick Horvat, Pam Shriver le fa da consulente. Nel suo angolo molte tenniste, le amiche, e i genitori, Igor che fu un discreto portiere nel calcio e Brankica, la madre, scatenata più della signora Jacqueline Paolini, seduta vicina a coach Furlan, a Sara Errani, al marito e al figlio William, che sarà tennista («Anche lui», sospira il padre). Il primo match point Jasmine l’ha avuto alle 15.55 ora locale… Cinque a quattro il punteggio. Risposta smozzicata, palla fuori. Il secondo ha preso forma sul 6-5, ed erano le 16,14. Jasmine se l’è giocato con cura, palla alta per avvelenare le repliche di Donna, ma la croata è stata brava ad approfittare di una pallata profonda, sulla quale Jasmine ha recuperato come ha potuto per poi venire trafitta da una successiva pallata assassina della croata, a un centimetro dalla riga. Poi il tie break (a dieci nell’ultimo set), quasi un corpo a corpo, nel quale Paolini si è staccata sull’8 pari. Il terzo match point è giunto alle 16,28, Jasmine ha forzato i colpi, la replica di Donna ha preso la via per Southfield dove il Tube scarica gli spettatori dei Championships. Tre match point che hanno visto l’italiana accettare i propri errori, e rimettersi in cammino, sempre, ricostruendo pezzo a pezzo l’opportunità di chiudere il match.

Paolini come Williams

Ed è stata quella la parte migliore della sua partita, la voglia di farcela a tutti i costi che le è sgorgata dal cuore, il sorriso felice che ha chiuso la disputa. Due ore e cinquantuno minuti, la più lunga semifinale mai giocata a Wimbledon, coté femminile. E lei, Jasmine Paolini, italiana di origini ghanesi e polacche, la prima nostra connazionale chiamata a giocare l’ultimo atto dei Championships. Domani, Barbora Krejcikova, ventottenne di Brno, vittoriosa al Roland Garros 2021, numero uno in doppio dal 2018 e a più riprese. Tennista di scuola ceca, quella dei colpi lindi, avvolgenti. Gli stessi che prima hanno anestetizzato, poi divelto Elena Rybakina, la kazaka che vinse su quest’erba due anni fa. Vittoria contro pronostico, e finale da decifrare. Per Jasmine, meglio che a Parigi, dove incontrò una Swiatek quanto mai favorita. Intanto si potrebbe dire Paolini come Williams, perché l’ultima a raggiungere la finale sull’erba dopo la terra è stata proprio Serena, nel 2016. Un solo match fra Jas e Krejcikova, vinto dalla ceca, ma lontano sei anni. Agli Australian Open 2018. Quando la Paolini valeva la metà di quella attuale. E se ci pensa, a Jasmine le viene da ridere…

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