PARIGI - Il tennis al tempo dei crampi muove supposizioni infinite, e non tutte rassicuranti. La più malevola merita però il primo posto nella scala Mercalli degli scossoni che possono cambiare volto a un match, e per quanto generica, temo vada presa in seria considerazione. Tanto più se a confrontarsi sono i due esponenti al vertice delle proprie generazioni per qualità fisiche e capacità di resistenza. Alcaraz ha perso scoprendo di essere più fragile di Djokovic. Non conta l’età, i crampi li ha avuti lui, il più giovane. Quando Carlos Alcaraz è venuto al mondo, chissà se lanciando un vagito guerresco pari alle urla con cui accompagna i propri colpi, le rincorse, il prodigarsi in ogni momento dei suoi match, Novak Djokovic, già sedicenne, stava per agganciare il carro del professionismo. Difficile dimenticare questa differenza di età, quando i due si affrontano, e ancor più difficile evitare di attribuire allo spagnolo i vantaggi della giovinezza, l’elasticità del fisico, l’impossibilità di essere stanchi a venti anni. Ma evidentemente non basta.
Alcaraz, Sinner, Rune: la generazione più fragile
Fa parte, Alcaraz, di una generazione che sembra più fragile di molte altre venute prima, quasi impossibile da confrontare con quella di Djokovic, che gli infortuni (e vale per Federer, per Nadal, per Murray, per Wawrinka) li ha conosciuti solo dopo i trent’anni. Quest’ultima, quella degli Alcaraz, dei Sinner, dei Rune è al vertice di ogni classifica dell’infortunistica sportiva, subisce guai fisici in quantità industriale, e non riesce a venirne a capo. I crampi sono come il raffreddore, guariscono sempre ma lì per lì intontiscono. Vedere Carlos d’improvviso percorso ovunque da contrazioni muscolari, prima alla mano destra, poi ai muscoli della gamba sinistra, e indicare lui stesso al proprio team che gli stava facendo male tutto, muove un mesto primo commento… Ancora? Vinti gli US Open un anno fa, Carlos si è fermato, ha saltato le Finals di Torino, poi gli Open d’Australia. È rientrato a marzo, e dopo tre mesi eccolo di nuovo alle prese con l’impossibilità di vincere. Quanto meno, di misurarsi alla pari con Djokovic nella sfida più importante di questa prima metà della stagione.
Alcaraz, quando si è bloccato contro Djokovic
Ci si può chiedere se sia stato allenato bene, se sia stato seguito con accuratezza nel cibo e nel bere, ma chi vogliamo prendere in giro? È seguito da un team esperto, con a capo un tennista che ha vissuto, neanche troppo tempo fa, ciò che sta vivendo Carlos, il circuito, le sue fatiche, le difficoltà. Forse è più centrata la domanda su che razza di tennis giochino, questi ragazzi, se non sia troppo “adulto” per la loro età, troppo sbilanciato su conclusioni sempre più potenti, violente, che evidentemente portano il fisico ai limiti della rottura. E oltre, come si è visto… L’infortunio si è fatto vivo sull’uno pari del terzo set, e fin lì il match aveva mostrato gran parte del repertorio migliore dei due tennisti. La straordinaria qualità di Djokovic nel rendere perfetto il primo set, per qualità dei colpi e precisione delle trame tattiche. E la veemenza della replica di Alcaraz nella seconda frazione, avanti sin dall’inizio nel punteggio e poi ancora capace di un ulteriore imperioso scatto quando Djokovic è riuscito ad agguantarlo. Anzi, il gran lavoro ai fianchi condotto da Carlos su Nole, dava la sensazione, a quel punto del match, che il Djoker fosse a corto di energie, a un tanto così dal diventare facile presa degli scambi che Alcaraz aveva in serbo per lui. È stato lì che il più giovane numero uno della storia del tennis si è bloccato.
Alcaraz, le parole di Djokovic: "Merita rande rispetto"
Costretto a chiamare i medici e dunque a non poter giocare il terzo game del set, andato per regolamento a Djokovic. Alcaraz sarebbe stato alla battuta, e dunque break a favore di Nole. Un secondo intervento medico ha evitato il ritiro di Carlos, ma non gli ha dato la possibilità di tornare a giocare senza problemi il suo tennis di spinta. La mano faceva male. Le gambe erano rigide. Ci ha provato colpendo forte tutto ciò che gli capitava a tiro, ma chi sarebbe stato il vincitore non era più in discussione. «Merita grande rispetto», dice subito Nole. «Ha continuato fino all’ultimo e non deve essere stato facile. È un grande giocatore e vincerà su questi campi molti tornei, ha tutto il tempo per farlo. Alla fine del secondo set eravamo entrambi al lumicino, avevamo dato tutto». Djokovic è in finale nello Slam per la trentaquattresima volta, la settima a Parigi, ha vinto 23 titoli ma solo due volte al Roland Garros. Il successo, domani, lo riporterà sopra Alcaraz in classifica, ancora una volta numero uno. Alcaraz la racconta così: «Ho avvertito dolore alle braccia, alla mano, e subito dopo alle gambe, poi in tutto il corpo. Sono molto deluso di come siano andate le cose. Credo sia stata la tensione, ero molto nervoso e la fatica dei primi due set ha complicato le cose». È stato simile a un pessimo risveglio. Carlos ha scoperto che la generazione di ferro non è la sua.