È il Masters Zoomers, e ha ancora un senso, malgrado i ragazzi più in gamba tendano, a turno, a bigiare l’evento. Sì, insomma, a fare filone, forca, sega, ma anche a grifare, limare o marinare, scegliete voi come dirlo, secondo gergo e regione. Tanto, alla fine, un giro sulla giostra lo fanno tutti. La breve storia delle Next Gen Finals, nate nel 2017, milanesi da sempre, e giunte alla quinta edizione (il 2020 saltò per la pandemia), può già disporre in bella vista i dati acquisiti, alcuni quanto mai interessanti. Dei ventinove partecipanti alle prime quattro edizioni (in tre hanno concesso il bis, Rublev, Tiafoe e De Minaur) sono stati ventisette a entrare nella Top 100 (non ci sono riusciti solo gli italiani Quinzi e Caruana), in dieci sono approdati alla Top Ten, uno – Daniil Medvedev – è salito sul podio più alto. Il secondo avrebbe potuto essere Carlos Alcaraz, quest’anno in testa a ogni tipo di classifica. Sapete com’è andata. Il confronto con Rune nei quarti di Parigi Bercy gli è costato un doloroso aggrovigliarsi dei muscoli addominali, con conseguente bollettino medico grondante rabbiosi moccoli. Niente Finals a Torino, e niente Davis Cup a Malaga, ma sei settimane di cure e riposo prima di riprendere la racchetta in mano. Nella speranza di ritrovare forma e salute per lo Slam in Australia. A Berrettini costò di più: tre mesi di stop e una ricaduta a fine anno, proprio alle Finals di Torino. Sulle Next Gen Alcaraz ci aveva già messo una pietra sopra, e poteva permetterselo, essendo prima testa di serie al Master dei grandi. Sinner e Rune, invece, da bravi marinaretti hanno preferito bigiare per altro tipo di motivi, seppure comprensibili. Sinner viene da una stagione di crescita e di infortuni, ha ancora la Davis da giocare, e preferiva avere qualche giorno a disposizione per impostare il lavoro futuro. Rune, sbancato il “mille” di Parigi Bercy, addirittura contro Djokovic (e in rimonta) ha preferito il ruolo di prima riserva a Torino, come si conviene a uno che abbia da poco tagliatoil traguardo della Top Ten. E poi – lo ha fatto capire – è convinto che qualcuno dei più forti, dopo il primo turno, si farà da parte cedendogli il posto.
Le responsabilità
Così, in testa alle Finals degli under 21 c’è di nuovo Lorenzo Musetti, l’uomo (anzi, meglio, il ragazzo) da battere, numero 23 ATP, che nel suo caldo autunno ha cosparso di perle preziose il proprio cammino. Era stato davanti agli altri fino alla vittoria di Amburgo, poi è scalato di una posizione superato da Rune e dal suo strepitoso finale di stagione (vittorie a Stoccolma e Bercy, finali a Sofia e Basilea per il norvegese; successo a Napoli, semifinali a Sofia e Firenze,infine i quarti a Parigi per il ventenne di Carrara). Incerto sul da farsi, dopo l’opaca prestazione contro Djokovic a Bercy, Musetti si è lasciato convincere. In fondo, le Finals della Next Gen presentano un milione e quattrocento mila buoni motivi, in euro, per ripensarci. «Ero qui anche l’anno scorso, e dopo appena dodici mesi mi sento completamente diverso. Come persona, non solo come tennista. Ho imparato tanto, ho avvicinato di molto le posizioni del ranking che contano, mi sento più convinto e maturo». È il numero uno, in questo torneo, dunque la responsabilità sarà più alta del solito. «Mi ha fatto piacere leggere le dichiarazioni di Djokovic, dopo il nostro match. Ha detto di aver preparato l’incontro come se dovesse competere con un top ten. Sono rimasto deliziato». Di buono è successo che il gioco delle rinunce ha arricchito il parterre italiano. Sono in tre in queste Finals, ed è ovviamente la prima volta. A Musetti si sono aggregati prima Francesco Passaro, poi Matteo Arnaldi, mentre Luca Nardi sarà la prima riserva. Non c’è trucco né wild card, l’aggancio alle Finals è solo merito dei due ragazzi, che molto hanno sgobbato tra i challenger.
Il programma
Passaro, 21 anni, perugino, allenato da Roberto Tarpani, nel corso della stagione ha scavalcato poco meno di 500 posizioni. Era numero 605 a gennaio, ora è 119, a un tiro dalla Top 100 che sarà il primo obiettivo del 2023. Ha raggiunto le finali di Sanremo, Forlì e Milano e vinto la prova challenger di Trieste. Poi ha messo la firma sulla prima vittoria nel Tour, battendo il cinese Zang Zhizhen (lo chiamano Zzz…) a Firenze, infine ha trovato posto nel 250 di Napoli. Matteo Arnaldi invece è di Pesaro, 21 anni anche per lui, allenato da Alessandro Petrone. Si è mosso dal numero 363, ora è 134. Ha fatto finali a Saint Tropez, San Marino e ha vinto a Francavilla al mare. I due sono capitatinello stesso girone, il Green Group, con Brandon Nakashima, statunitense, colpitore ancora ruvido, ma di ottima velocità, e Jiri Lehecka, ceco più classico nell’impostazione. Musetti (Red Group) affronterà il britannico Scott Draper, 41 Atp, mancino, veloce, buon erbivoro, un altro destinato a salire presto ai piani alti del tennis, Chun-Hsin Tseng da Taipei, 21 anni, numero 90, e lo svizzero Dominic Stricker, 20 anni, mancino, numero 111. Si gioca con la formula tre su cinque, i set a 4 game. Subito in campo (ore 14) Lehecka e Passaro, poi Musetti e Tseng. In serata Arnaldi e Nakashima (ore 19,30), e per finire Draper e Stricker.