TORINO - Sono circa 200mila gli italiani che ogni anno praticano turismo odontoiatrico, cioè decidono di soggiornare per pochi giorni in nazioni straniere per curare o migliorare i propri denti. Albania, Croazia, Turchia, Ungheria, Messico e Thailandia risultano le mete ambite, anche e soprattutto durante le feste natalizie. Una scelta che, in netta crescita, nasce dall'esigenza di comprimere i costi e di abbinare alle cure una vacanza in posti magari mai visti prima. Ma non è tutto oro ciò che luccica: «Chi fa questa scelta - afferma Stefano Scavia, odontoiatra, docente e ricercatore - necessita solitamente di grossi interventi riabilitativi e di implantologia. Interventi importanti che vanno eseguiti con procedure corrette e con un'organizzazione a livello tempistico ben precisa. Aspetto quest'ultimo, a mio parere, fondamentale».
Considerando che un team di professionisti esperto, impiega dalle tre alle quattro settimane per analizzare una masticazione, progettare e ricreare un’occlusione corretta e realizzare una protesi congrua, tale da riabilitare correttamente ed efficacemente estetica e funzione del cavo orale, come è pensabile che si riesca a far tornare a casa il paziente con denti nuovi nel giro di appena un giorno? Spesso addirittura senza averlo in precedenza visitato, senza un progetto e senza nemmeno un quadro clinico ben definito? «Semplicemente non è possibile - spiega il dottor Scavia -. Tanto è vero che poi in molti, almeno un paziente su tre, sono costretti a correre ai ripari per disagi o eventi avversi che si verificano, spesso solo dopo pochi mesi. Nel 60% dei casi si tratta di problemi gravi, come infezioni, ascessi o difficoltà funzionali, che compromettono protesi e impianti facendo impennare i costi delle cure e vanificando il risparmio iniziale. Il risparmio non è mai guadagno, un vecchio adagio che, in questo caso, calza a pennello».
Ed è così che il risparmio medio per una riabilitazione su impianti viene di fatto vanificato dalle conseguenze che ne derivano. Facendo i conti, il gap fra il denaro richiesto all'estero per determinate prestazioni e ciò che prevedono invece le tariffe medie in Italia, non solo viene colmato, ma i pazienti si vedono costretti a sborsare un'ulteriore somma, che alla fine grava in maniera pesantissima. Chi ricorre alle cure all'estero spende, in caso di problemi, migliaia di euro in più rispetto a ciò che avrebbe pagato inizialmente nel suo paese di origine. Senza dimenticare i danni biologici che, nonostante le cure successive, comunque incidono sulla salute generale nel suo complesso. I modi sbrigativi con cui spesso si interviene nell’ambito del turismo dentale, comportano la mancanza di una corretta progettazione e studio del caso preliminare, l’assenza di una gestione adeguata dei tessuti del cavo orale, l’inserimento di impianti in posizione non ottimale, il non utilizzo di protesi provvisorie o l’inserimento di protesi provvisorie spacciate al paziente come definitive. Ascessi, infezioni, dolori e difficoltà nella masticazione e nella fonazione fanno il resto.
Le riabilitazioni complesse
«Le riabilitazioni complesse – afferma Scavia - in particolare quelle su impianti, prevedono dei tempi di graduale funzionalizzazione e di guarigione che necessitano l’impiego di materiali protesici temporanei, il cui obbiettivo è quello di permettere un graduale adattamento e perfezionamento del trattamento, solitamente di almeno 4-6 mesi. Una terapia che non rispetti i timing biologici, meccanici e funzionali, e il numero di sedute e controlli necessari, comporterà un rischio di complicanze o di fallimento molto maggiori, gravando pesantemente sulla salute fisica e mentale del paziente. Senza contare che patologie come la parodontite non si curano estraendo i denti, ma con percorsi terapeutici personalizzati e protratti nel tempo».
Adottare la soluzione più veloce e a basso costo non è dunque sinonimo di risparmio e di sicurezza: «In tutto il mondo - conclude Scavia - esistono professionisti di altissimo livello, ma consiglio di diffidare di chi propone soluzioni troppo rapide ed efficaci, talvolta con un piano di trattamento realizzato su una lastra o una foto inviate digitalmente. Ma se è vero che, ogni anno, almeno cinque milioni di italiani rinunciano a curarsi i denti per motivi economici, è forse giunto il momento di occuparsi del tema che è ormai un vero e proprio fenomeno sociale. La soluzione non può essere obbligare le persone a migrare all’estero per poter risolvere il problema, anche perché talvolta non solo non si raggiunge l'obiettivo ma l’intero trattamento diventa economicamente ancor più oneroso. I livelli essenziali di assistenza, che oggi coprono solo l'aspetto diagnostico, andrebbero decisamente rivisti, considerando che proteggere il cavo orale significa proteggere le persone da problemi di salute che vanno anche oltre ai denti».