TORINO - C’è un filo rosso che lega il pianto di Sarah Fahr, a Tokyo, a quello di Alessia Gennari, ieri sera in Olanda. Sono le due immagini più significative delle sconfitte delle donne terribili di Davide Mazzanti. Un anno fa come ieri sera le azzurre si sono fermate sulla soglia di quel risultato che tutti pronosticavano. Loro stesse. Va premesso che in una disciplina che è diventata ultra competitiva e dove anche le squadre di terza fascia, con un buon tecnico italiano, possono fare cose egregie, entrare tra le migliori quattro del mondo è già un ottimo risultato. La Nazionale azzurra ha il merito di essere in questa posizione con una continuità che le altre formazioni non hanno saputo mantenere negli anni. Lascia però l’amaro in bocca, e spiega le lacrime che si ripetono, il fatto che le azzurre non trovino ancora una volta la capacità di scrivere una pagina di storia laddove sono più attese. Così è stato ai Giochi 2020 dove la luce si è spenta e sono uscite ai quarti, è successo ieri sera contro un Brasile di alto profilo ma già ampiamente regolato nel corso della stagione. Adesso è il tempo di celebrare la straordinaria stagione del movimento italiano che ha vinto praticamente tutto, gli è mancato solo l’acuto delle azzurre per spianare il mondo. Poi ci saranno nuove stagioni (l’Europeo tra un anno e le Olimpiadi nel 2024) per riprovare la scalata al sogno.
L'ORIZZONTE
Ma prima ci sarà un altro inverno per capire perché la luce si spegne. Il Mondiale dell’Italia, va detto, non è stato eccezionale per la qualità del gioco. La squadra è sempre apparsa nervosa ma a tratti è riuscita a mettere in mostra quell’intensità che la rende imbattibile. Ieri è mancato questo colpo di coda. Se fosse successo anche le certezze delle sudamericane avrebbero vacillato. Tutte sono sembrate meno brillanti di altre volte, a parte Marina Lubian che ha proseguito nella sua crescita. Lo stesso discorso si può fare per Paola Egonu che ha messo a referto 30 punti ma ha anche mancato colpi molto importanti, portando a referto otto errori e otto murate. Non è la prima volta che succede. Era già accaduto a Tokyo. A questo punto una riflessione è d’obbligo perché tutto il modo ci invidia il suo talento e dobbiamo imparare a gestirlo meglio. Di qui parte la riflessione di staff tecnico e Federazione in vista delle prossimi stagioni.