Qui, Ora. Il mantra della nazionale azzurra guidata da Julio Velasco ha radici profonde e molti padri. Il gruppo che ha trionfato a Parigi due settimane fa, conquistando un oro storico per la pallavolo italiana, è il risultato di un lungo processo selettivo e di affinamento che la Fipav inizialmente, e i Club di Serie A1 poi, hanno sviluppato negli ultimi decenni. Con il decollo datato 2018. "L'anno dell'opera d'arte di Davide Mazzanti con la medaglia d'argento al mondiale conquistata con un'età media delle sette titolari appena sopra i 24 anni. Lì si vide subito che la squadra aveva un grande potenziale di longevità e che avrebbe potuto mantenere un alto livello di competitività internazionale per diversi anni".
L'importanza del Club Italia
Parlare con Marco Mencarelli, attuale direttore tecnico della Federvolley ed ex Ct della nazionale maggiore, del passato, presente e futuro del volley femminile azzurro è un tuffo nell'ottimismo. Lui conosce bene il tema, avendo visto crescere molte delle medagliate di Parigi. "Molte delle ragazze della nazionale maggiore sono passate per il Club Italia, come Paola Egonu e Alessia Orro, che hanno proprio maturato lì. Peraltro, Paola è stata una mia scelta, e il suo percorso di crescita è stato seguito anche da Marco Paglialunga, Luca Pieragnoli, oltre che dallo stesso Marco Bonitta. Per lei, il Club Italia è stato un percorso molto consistente e lungo, vissuto tutto da schiacciatrice, tant’è che nel successo mondiale 2015 Under 18 a Lima, lei vinse l’MVP come schiacciatrice-ricevitore".
Italia, popolo di santi, poeti e... pallavolisti
Oro a Parigi e tanto azzurro ai vertici europei e mondiali giovanili. Siamo un popolo di santi, poeti e pallavolisti. Ma la scintilla quando è scoccata? "Si deve andare indietro di molti anni, all’inizio dei processi selettivi. Si tratta di processi di qualità, con l'individuazione del talento, di chi può arrivare ad alto livello, delle giocatrici da tenere monitorate. Anche se non hanno la struttura fisica ideale, potrebbero emergere attraverso la competizione, e la nostra competizione è molto formativa. Prendiamo ad esempio Gaia Giovannini, che è figlia della competizione, così come, secondo me, lo è la medaglia d'oro olimpica della squadra". Club Italia e non solo quindi? "Esatto. Oggi il Club Italia è una parte fondamentale dell’ingranaggio, e quell'oro, dopo le nostre selezioni, si è affinato in Serie A. Noi “creiamo”' giocatrici che diventano appetibili per gli allenatori di A1 e che arrivano sempre prima a giocare in quelle categorie molto competitive. Oggi è la Serie A che forma i giocatori della nazionale seniores".
La formazione delle future campionesse
Ma prima c’è del lavoro? "Sì, certo. La crescita di giocatrici come Egonu, il cambio di ruolo di Orro, la strategia formativa condivisa su Danesi, su Fahr, su Lubian. Diciamo che il merito che può avere l’attività giovanile è quello di aver impostato il percorso, ma soprattutto di averle selezionate, perché altrimenti sarebbero emerse con molta più fatica o con molta meno qualità. Aver dato a queste ragazze la possibilità di giocare partite decisive, quarti di finale, semifinali, finali negli eventi internazionali giovanili ha avuto un grande impatto". Conta più quel momento che il risultato finale? "Esatto. Negli anni ho notato quanto faccia la differenza, a quelle età, aver vissuto l’esperienza di semifinali e finali dei campionati internazionali Under rispetto a chi non le ha vissute. Sono tutte partite con una forte componente emotiva e un elevato tasso tecnico, e sono quelle che più di tutte ci danno un’indicazione sullo stato di avanzamento dei lavori con ciascuna generazione".