Marta Maggetti, dal quarto posto di Tokyo al trionfo a Parigi

Ha cancellato la delusione con la medaglia d'oro alle ultime Olimpiadi: la storia della donna che parla al vento
Marta Maggetti, dal quarto posto di Tokyo al trionfo a Parigi© EPA

“Marta, che toga”. In questa espressione tipicamente sarda, letta su uno dei tanti messaggi arrivati via social, c’è la sintesi massima dell’apprezzamento che la lingua (lingua, non dialetto) isolana sappia esprimere. “Toga” per dire tutt’uno: “brava, bella, in gamba, fantastica”. Un’idea firmata dal Campidano della pianura, e della politica, al Nuorese di quel che fu il banditismo, dal Sassarese della celebrata Università e della famosa “Brigata Sassari” fino alla Costa Smeralda delle ricchezze assortite. Marta Maggetti ha rilanciato l’antica e risoluta testardaggine di una terra fiera. E cavalcando il suo spaziale windsurf, nelle acque di Marsiglia, ha ricondotto all’Isola una medaglia d’oro che mancava da 60 anni, quando Fernando Atzori la portò a casa dai Giochi di Tokyo ’64 vincendo fra i pesi mosca della boxe. Tutt’altro tempo e tutt’altra gioventù: se Marta è cresciuta avendo in “SuperMario Bros” il videogame preferito, Atzori si cibava dei film di John Wayne.

La dedica a Riva

Solo il senso di appartenenza non cambia mai nella gente sarda. E Marta lo ha mostrato tutto nel percorso di sport e di vita. Lo ripete come un motto: «La Sardegna non finisce di farmi innamorare». E così quel rifarsi a Gigi Riva («Questa medaglia è per lui») nel momento del trionfo: un pensiero d’affetto (e di effetto) per ricordarci il valore di un simbolo nella sua terra. Appassionata di disegno seguendo gli insegnamenti di nonno Antonino, ed anche di fotografia e montaggi video, qualifica la passione nella ricerca dei paesaggi sardi e nei soggetti astratti carichi di sfumature di colore. Sfumature come quelle del mare quando deve cavalcarne l’onda. O chissà cosa avrà scoperto ascoltando il vento nel golfo di Cagliari. Marta è una ragazza che sa ascoltare il vento altrimenti non avrebbe vinto a Marsiglia, infilando le sue avversarie con un guizzo che l’ha portata nella corrente giusta. Il vento soffiava e, magari, sorrideva: Maggetti era la prediletta. Una predilezione conquistata con il tempo. Aveva poco più di 7 anni quando i genitori la misero nella mani di Andrea Melis, il primo allenatore. Era taciturna, ma sapeva già gestire le emozioni. E aveva talento, ha sottolineato il tecnico. Sandro, il papà che frequentava il Windsurfing club di Cagliari e veleggiava al Poetto, ha trasmesso la passione. Elisabetta, la mamma, l’ha seguita negli allenamenti tanto da provarsi in gara a bordo degli Hobie cat, catamarani progettati in California.

Gli inizi

Il rapporto con le onde «è sempre stato un affare di famiglia» dice lei che, in Francia, ha trovato onde e acque amiche: a Brest, nel 2023, ha vinto il mondiale con la nuova tavola olimpica “iQFoil”. A Marsiglia, questa ragazza dal sorriso radioso sembrava una sirena sul windsurf. C’è passione e passione: ci aveva provato con basket e minivolley, anche con la ginnastica artistica, ogni tipo di evoluzione su terra. Ma l’evoluzione su acqua, altra storia. Nuoto compreso. Tutto cominciò dal giorno in cui, sul bagnasciuga, saltò in piedi su una skin board: tavola simile ad uno skate senza ruote. Poi ci provò con il windsurf. Pensò fosse il gioco più divertente del mondo. Difficilissimo stare in piedi. «Finché una raffica nel vento cambiò tutto: mi diede una sensazione di libertà». E così eccola surfista nella quale si intrecciavano divertimento e adrenalina. Capitò che un ex agonista di Bracciano, Andrea Beverino, vide qualcosa in lei e altri ragazzi. Li portò ad una gara sul lago: per gioco. Marta arrivò seconda, aveva 11 anni. E allora via col vento. Credeva di essere pronta per un podio già a Tokyo 2021, le arrivò solo la medaglia di legno: quarto posto. Non ha mollato, anzi ha passato mesi e mesi a provare il campo gara di Marsiglia. Eppoi, racconta, il pianto liberatorio e l’oro al collo hanno cacciato i fantasmi di Tokyo.

L'orgoglio sardo

Marta, che toga. Marta, finalmente. Così questa ragazza ha tenuto fede alla madre di tutte le idee: datemi un surf e dominerò il mare. Ma sempre rapportato al suo “made in Sardegna”. Un artista cagliaritano, Salvatore Di Maio, le ha colorato il casco bianco con vernici preziose secondo un’arte detta “aerografia”. Maracalagonis, cittadina di 7.000 anime, dalle frequentazioni puniche e fenicie, ha sventolato la fierezza di averla ospitata dall’età di un anno fino al 2020. E nessuno si è stupito che al ritorno, a Porto Torres, la nostra sia stata presa a braccetto da due uomini della Guardia di Finanza. Marta orgoglio sardo, ma anche delle Fiamme Gialle. Che bella sintesi: una ragazza che parla al vento e appartiene ad una Forza molto terrestre. Ma solo il mare la fa sentire «una donna più forte».

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