C’è un murale su una casa di Novi Sad. Raffigura una delle più grandi tenniste della storia, sicuramente la più sfortunata. Lì, esattamente lì, da bambina trascorreva ore e ore ad allenarsi, prima che il mondo scoprisse il suo talento. Sul fondo azzurro, una scritta in serbo: “Qui è cominciato tutto”. In quel tutto è riassunto un romanzo, quello di Monica Seles: i successi, l’ascesa fino al numero uno del ranking mondiale, un futuro ancora più radioso del presente, un pomeriggio che avrebbe cambiato quel tutto per sempre. Bisogna essere grati a Vito Lamberti, autore televisivo che «gioca a tennis per capire la vita», per aver scelto di raccontare la caduta e la rinascita di Seles, come recita il sottotitolo di «Fuori Campo” (Rubbettino, 104 pagine, 14 euro), consentendoci di recuperare una vicenda che a questi livelli non si era mai vista e che ci riconduce all’importanza del caso nelle nostre vite, analizzata in tanti film di Eric Rohmer o, per restare al tennis, nel “Match point” di Woody Allen.
Ecco, il destino sceglie di far incrociare la vita di Monica con quella di Günter Parche, uno squilibrato a cui non riesce di accettare che la più brava di tutte non sia più Steffi Graf, per la quale nutre un’insana ossessione. E così, il 30 aprile 1993, decide di salire su un treno che parte da Nordhausen, in Turingia, e arriva ad Amburgo, dove Seles è impegnata nei quarti di finale del torneo contro la bulgara Magdalena Maleeva. L’uomo acquista un biglietto, siede sulle gradinate. Scrive Lamberti: «Sembra distante, chiuso in un involucro impenetrabile. Indossa una camicia azzurrina con motivi floreali, dei jeans e un berretto bianco. Sotto la visiera brilla la fronte stempiata, resa ancora più patetica dal vezzo di portare il codino (...) Una foto lo immortala pochi secondi prima dello sciagurato gesto. Sembra un bambino intento a fare uno scherzo. Ha le braccia alzate e sta per affondare il coltello». Parche colpisce la spalla sinistra e forse, a evitare conseguenze ancora più gravi, è il rapido gesto di Monica, che, durante il cambio di campo in cui succede l’incredibile episodio, china la schiena in avanti per posare a terra il bicchiere da cui si è appena dissetata.
Accanto agli eventi di cui si è a conoscenza - l’uomo è stato condannato ma la pena sospesa con l’obbligo di sottoporsi a cure psichiatriche: è morto l’anno scorso in una clinica; Seles è tornata in campo dopo un paio d’anni ed è riuscita anche a vincere un Open d’Australia, ma non è più stata la stessa, vittima di depressione e bulimia -, compare la voce di una seconda Monica, un personaggio fittizio, un’ombra rimasta incagliata a quel giorno maledetto che guarda con tenerezza e a volte con rabbia l’altra Monica, quella che tornerà a giocare. Un’idea interessante e coinvolgente, che scava nell’animo della tennista con profondità e sensibilità.
«Questo breve ma intenso libro luccica dietro la schiena del lettore come la lama brandita alle spalle di Monica», ha scritto nella prefazione Alberto Angela, con cui Lamberti lavora (“Ulisse - Il piacere della scoperta”, “Meraviglie - La penisola dei tesori” e “Stanotte a…”). «E nel dolore della tennista ferita molti di voi si riconosceranno: perché in fondo, almeno una volta nella vita, tutti abbiamo ricevuto la nostra pugnalata alle spalle».