“Dream Games” è una storia d’amore. Un amore indissolubile e indistruttibile, per nulla sdolcinato. Non di passione, ché è inflazionata e in questo caso inappropriata, perché incompleta. Certo che c’è passione in tutto ciò che fa Alessandro Mamoli - per noi Mamo - intorno a un campo di basket e in uno studio tv. E però Mamo raccontando il suo sogno realizzato in più modi, dividendolo tra sogni e, appunto, realtà in 7 capitoli, ci dice che la passione è un conto, l’amore incondizionato (in questo caso per un pallone e un canestro) è ben altro. È ciò che vuoi sempre con te, è la tua stessa vita. È ciò che sei. La passione ha una componente di protagonismo individuale. In questa storia in bilico tra diario, flash video riportati su carta, racconto e indagine giornalistica Mamoli svela una parte di sé che persino a noi, che lo seguiamo in tv e lo conosciamo sul lavoro, era celata. Alessandro, ex giocatore ora commentatore e cronista per Sky Sport, è un narratore, divulgatore, videomaker, cronista, lo abbiamo già detto. Il punto è che lo fa per condividere e trasmettere ciò che prova con/nel basket e grazie al basket. Ci dice insomma che lui è così e vuole e deve rivelarti il motivo. Dettagli che “Dream Games” cominci con Mamoli giocatore di giovanili e tifoso alla partita e finisca con Mamoli cronista e la sua personale partita da sogno. Protagonista è l’arancia che rimbalza e finisce dentro una retina. È un racconto di vita, vissuta con entusiasmo, partecipazione. Amore per l’appunto.
A Mamo abbiamo chiesto perché abbia scelto proprio questi momenti tra 40 dei suoi 50 anni vissuti nel basket: «Da una parte avevo piacere a narrarli. Dall’altra perché hanno incrociato la mia vita. Tracer-Aris del 1986, una partita che non dimenticherò mai, coincide con l’anno in cui entro nelle giovanili di Milano. La Game of change nel 1963, che non ho vissuto, mi ha colpito in maniera molto profonda ed ero convinto non fosse così nota qui. Così come la finale Ncaa del 1979, di cui nessuno forse ricordava bene in Italia il motivo per cui Magic Johnson fosse finito a Michigan State e Larry Bird a Indiana State. Poi ho scelto Ray Allen perché era il mio idolo, pure io ero un tiratore. E ho avuto la fortuna di vedere quella finale Nba 2013 e il riscaldamento prima dello Europe Game 2007 a Roma». Per chi non lo sapesse, The Game of Change è Loyola Ramblers-Mississippi State Bulldogs di basket Ncca 1963, pietra miliare nella battaglia contro la segregazione razziale, 3 anni precedente la finale Texas Western-Kentucky ricordata dal film Glory Road.
Detto che c’è spazio per il racconto sugli ultimi anni di Kobe Bryant, non mancano amicizie, conoscenze, maestri come coach Tarcisio Vaghi, che ci ha lasciati troppo presto. E la lettera del coach è un momento da tenersi stretti. “Dream Games” (Rizzoli, 232 pagine, 18 euro) ci fa ricordare una fondamentale verità, in apparenza banale. Conservare lo spirito del ragazzino aiuta, eccome, a stare bene. Mamoli è ancora Alessandro, la faccia imbrattata di rosso, il 6 novembre ‘86.