Pescara, Generazione Z...eman: i duemila alla ribalta

A 76 anni il boemo incanta con i giovani. La vittoria sul Gubbio con 9 ragazzi nati nel nuovo millennio: "Il calcio va fatto per dare emozioni"

Un vecchio e i bambini si preser per mano e andarono incontro alla sera dove è maturata vittoria che i tifosi del Pescara non dimenticheranno tanto presto. Anche se con Zeman tutto è possibile, sembra che a 76 anni il boemo si diverta ad alzare sempre più l'asticella delle proprie imprese. Lunedì sera è riuscito a inventarsene una che sa di musica e magia. Nel match con il Gubbio all'Adriatico, si è presentato con nove giocatori su undici nati dopo il Duemila e il 3-2 per gli abruzzesi si è concretizzato con i gol di un 2004 (Moruzzi, scuola Juve), un 2002 (Squizzato, cresciuto nell'Inter) e un 2001 (l'estone Tunjov, scartato dalla Spal, già 12 presenze con la nazionale del suo paese).

Pescara in pieno stile Zeman

In pieno stile Zeman non è stato e non poteva essere un 3-2 comodo, normale. Avanti 1-0, il Pescara si è ritrovato sotto in un quarto d'ora e sotto era fino a sedici minuti dalla fine quando si è scatenata la furia dei monelli terribili plasmati nel laboratorio dell'infinita Zemanlandia. Tre punti pesantissimi, un ribaltone che porta gli abruzzesi al terzo posto nel girone B di Serie C, a -2 dal Cesena e a -5 dalla capolista Torres, unica squadra ancora a punteggio pieno nei campionati professionistici in Italia. Con il solito solco lungo il viso, come una specie di sorriso, Zdenek Zeman nelle interviste del dopo partita se l’è propria goduta questa vittoria. Perchè è così che gli piace. Rocambolescamente e puntando sui giovani, basta che abbiano almeno un po’ di talento, che al resto ci pensa lui. Con il duro lavoro. Dai famigerati gradoni alle linee da tenere strette tra spazio e tempo.

Le parole di Zeman

«Il calcio è fatto per dare emozioni, altrimenti la gente sugli spalti si addormenta»: ha risposto così, laconico e con il solito filo di voce, a chi cercava la frase da titolo dopo avergli visto fare e disfare, come se una squadra di calcio fosse un pezzo di creta da rimodellare all’infinito, cercando una perfezione utopistica. «Sono contento perché abbiamo dimostrato di aver voglia di giocare e di saperlo fare come chiedo, anche se non mi spiego il quarto d’ora dove siamo stati in balia del Gubbio. È comunque normale avere dei problemi essendo una squadra giovane, costruita da capo, ma è importante anche avere sempre questa voglia di vincere». Dell’undici di partenza di lunedì sera, solo il capitano Brosco (classe ‘91) era nato quando il Boemo stava completando il formidabile ciclo di Foggia per sbarcare poi nella Capitale dividendo laziali e romanisti sul suo calcio unico e inimitabile. Gli altri giocatori se lo sono fatti raccontare. E lo imparano giorno dopo giorno, bambini presi per mano dal grande vecchio del calcio italiano.

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