TORINO - Michele Mignani, l’erede di Eugenio Corini sulla panchina del Palermo, nel debutto di sabato scorso in casa contro la Sampdoria di Pirlo, ha mostrato di essere sulla strada giusta per riportare in alto lo squadrone siciliano del Manchester City. L’esordio non era dei più semplici. I blucerchiati sbarcavano al Barbera dopo 4 vittorie di fila e un quinto successo li avrebbe portati a soli tre punti dal Palermo. Che veniva da giorni molto complicati e dopo 20’ era già sotto. Qualcuno poteva pensare al patatrac, invece il Palermo l’ha ribaltata in 4’ coi gol di Brunori su rigore (salito a 15 reti) e del ritrovato Mancuso, giocatore forse troppo trascurato da Corini a cui invece Mignani ha dato subito fiducia, schierandolo in avanti in coppia con Brunori, quando col 4-3-3 di Corini era quasi sempre la sua riserva. Al di là del 2-2 poi incassato per un gran gol del gambiano Darboe, il Palermo, in rapporto al momento che sta attraversando, ha convinto. Ma soprattutto, stanno convincendo le idee calcistiche di Mignani, probabilmente esonerato con troppa fretta a Bari lo scorso autunno e ora un po' rimpianto nell’ambiente pugliese. Oltre alle due punte vere e di peso andate a segno alla sua prima uscita, Mignani ha rivoluzionato l’undici di base del Palermo con scelte che potrebbero pagare anche nelle restanti sei giornate nelle quali i siciliani cercheranno il miglior piazzamento possibile ai playoff, nei quali dare poi tutto, contando anche sulla spinta unica del Barbera. Dietro, Mignani è passato alla difesa a tre, Diakité-Lucioni-Ceccaroni: qualcosa è da registrare, a giudicare da come si sono incassati i due gol ma sulla carta è un trio di grande solidità che potrebbe funzionare meglio della precedente difesa a quattro che spesso non ha convinto (anche se scontava la lunga assenza del carismatico Lucioni). La mossa che più ha pagato è stata schierare Di Mariano sulla linea dei mediani, il nipote di Totò Schillaci è stato il rosanero più convincente. E potrebbe meritare di essere rivisto anche Di Francesco nei panni del trequartista dietro alle due punte: l’ex Lecce non è che abbia incantato ma è giusto provarlo in un’altra posizione, sfruttando la sua tecnica e personalità, visto che da attaccante esterno nel 4-3-3 di Corini poche volte aveva inciso. Insomma, discreta la prima, la sensazione è che si siano gettate le basi giuste per restare in ballo fino a giugno. Mignani predica un calcio pragmatico, da "risultatista" ma soprattutto senza avere particolari dogmi calcistici. Fra l’altro, il neo allenatore del Palermo, genovese, si è costruito una vita nel calcio proprio grazie alla Samp, che lo coltivò nel vivaio e lo lanciò in A nella stagione scudetto del 1991 in cui Mignani, da promettente difensore della Primavera blucerchiata, collezionò una presenza. Dunque, fu Campione d’Italia, l’attuale guida del Palermo. E quando i suoi nuovi giocatori segnavano alla Samp, dalla panchina non faceva una piega.