TORINO - Riecco il Mantova in Serie B, categoria vissuta l’ultima volta nel 2010, quando i biancorossi, non solo retrocedettero in Lega Pro ma non poterono iscriversi alla Serie C di allora, in seguito a un crac societario. Fattaccio che il Mantova avrebbe rivissuto anche nel 2017, come se nell’ultimo trentennio i virgiliani fossero abbonati a un fallimento societario ogni decennio, visto che accadde anche nel 1994 con relativa ripartenza dai dilettanti. E pensare che solo un anno fa, il Mantova era di fatto nuovamente in Serie D. Al termine della stagione 2022/23, i biancorossi erano caduti nei dilettanti dopo un doloroso playout perso con l’AlbinoLeffe. Poi, la scorsa estate il fallimento del Pordenone, liberò un posto in Serie C, occasione che la nuova società lombarda ha saputo cogliere al meglio, col completo passaggio di quote da Setti (già proprietario del Verona) a Piccoli. Che ha iniziato a mettere le basi per la trionfale scorsa stagione - girone A della Serie C quasi dominato piuttosto a sorpresa - quando decise di scommettere a occhi chiusi su Davide Possanzini, a lungo collaboratore di De Zerbi, fu anche suo vice. Che però, un anno fa, quando veniva assunto dal Mantova, arrivava dalla brutta esperienza vissuta a Brescia, quando Cellino, in “trip” da esonero, lo cacciava dopo due giornate (in quell’inizio di 2023, in 6 giornate il Brescia vide avvicendarsi in panchina tre allenatori, ognuno, appunto, durato due giornate). Resta il fatto che nella scorsa stagione, vincendo con nettezza la Lega Pro, potrebbero essersi messe delle solide basi per fare bene - e magari anche qualcosa di più - pure in Serie B. Forse, nella scorsa annata, il Mantova, quando ha capito di essere la più forte, s’è concesso anche qualche caduta di troppo perché tanto “sentiva” di avere la promozione in tasca. Tutto questo perché la sera del 9 gennaio scorso, i virgiliani erano di scena a Padova, in casa della seconda in classifica. Era forse l’ultima occasione per riaprire il campionato da parte dei veneti, ma all’Euganeo il Mantova rodomonteggiò 0-5. Da qui dunque si riparte, da una squadra che ha enormi potenzialità e che forse ha voluto esprimerle solo quando era il caso di farlo. Il mercato del Mantova si è improvvisamente acceso quando pochi giorni fa, Piccoli ha fatto il primo colpo di livello. All’inizio erano arrivati due difensori: dal Como l’esperto Solini e dall’Ancona - fallito ed escluso dal professionismo - l’ermegente Cella., unitamente al portiere Federico Botti, proveniente dalla Lega Pro (Pro Sesto). Sinché il 12 luglio, a Mantova è sbarcato Leonardo Mancuso, bomber di categoria acquistato dal Monza. Trentaduenne, già salito in A con l’Empoli nel 2021, Mancuso è un giocatore che si sta ritrovando: in Brianza non gli è andata per niente bene, nella scorsa stagione ha dato segnali di risveglio al Palermo ma in un contesto in cui non era semplice ritrovarsi. Dunque, Mantova potrebbe essere per lui la piazza giusta per tornare ad essere quel calciatore che in coppia con La Mantia (e Moreo alle spalle), riportava l’Empoli in B nel 2021, trio che faceva caterve di gol. Oppure, ancora prima, il Mancuso che iniziava a diventare qualcuno quando otteneva la ribalta nel Pescara, passando da essere un’interessante ala sinistra a centravanti, perché aveva dimostrato, a suon di prestazioni più che convincenti, di meritarsi di giocare nel cuore dell’attacco abruzzese. Ecco, se a Mantova rivedremo quell’attaccante lì, chissà che ci sia modo di rivedere al “Martelli”, qualcosa che almeno somigli a quel che fu il “Piccolo Brasile” di Mondino Fabbri, cioè il Mantova che più fece storia, a cavallo fra Anni 50 e 60, giocando un calcio che incantava (un po’ come quello visto con Possanzini in C), arrivando in A partendo dalla quarta serie.