TORINO - Delle quattro squadre provenienti dalla C, il Cesena potrebbe essere la più in grado di disputare il miglior campionato (ma occhio al Mantova di Possanzini…). Lo dice soprattutto il blasone del Cavalluccio, il pubblico del Manuzzi (fra i più numerosi d’Italia in rapporto alla popolazione della piazza), l’alchimia che spesso si crea fra la tifoseria e la squadra che in passato ha portato il Cesena a condurre strepitosi campionati di B senza partire fra i più favoriti. La panchina, una volta deciso di non proseguire con Toscano, dopo che erano girati parecchi nomi (anche troppi), è stata affidata a Michele Mignani, genovese d’esportazione, che inizia ad avere un curriculum abbastanza solido in B, pur trovandosi solo alla sua terza annata da allenatore di seconda serie. Nella prima, aveva stupito tutti con quel Bari che chiuse il campionato al 3° posto, andando al di là di ogni aspettativa che c’era su quella squadra, da lui stesso portata in B la stagione precedente, in cui il Bari, al terzo tentativo e con un budget più ridotto, otteneva il ritorno in B da dominatore del girone C della Serie C, da sempre il più competitivo. Ma la scorsa annata, a Bari in panchina avrebbe fallito anche Gesù Cristo: troppo forte la botta subita in finale playoff dal Cagliari, quel “San Nicolazo” delll’11 giugno 2023, maturato al 94’ col gol rossoblù di Pavoletti che gelava i 60mila presenti quella sera, convinti di avere ormai la Serie A in tasca. Davvero, fu un piccolo, grande Maracanazo tricolore che si visse nello stadio astronave di Renzo Piano. Un tonfo clamoroso che s’è fatto sentire per tutta la scorsa annata, passata dal Bari fra mille polemiche e per quattro allenatori per arrivare a una risicata salvezza ai playout. Però forse, se i De Laurentiis non avessero liquidato Mignani dopo una decina di giornate, poteva essere tutta un’altra storia. In seguito Mignani tornava in ballo lo scorso aprile, ereditava il Palermo da Eugenio Corini. Altra squadra però che andava scemando e che già aveva abdicato nella lotta per la A diretta. Dunque, ai playoff, una volta eliminata una loffia Sampdoria (con cui Mignan debutto da giocatore in A, in quella che vinse lo Scudetto 1991, era un difensore della Primavera che debuttò in A, lanciato da Boskov con una presenza), quel Palermo non poteva andare oltre le semifinali, uscendo con dignità al cospetto del super Venezia di Vanoli. E ora il Cesena, per iniziare a capire di che pasta è fatto Mignani. La piazza romagnola ha riconquistato la B con un formidabile lavoro sui giovani (Cristian Shpendi e Tommaso Berti su tutti), i quali, se non saranno ceduti, saranno l’ossatura della squadra, che comunque dovrà essere rafforzata con diversi elementi di categoria. Maita, ad esempio, associato in questi giorni al Cesena e portato da Mignani a livelli sorprendenti dopo una vita spesa in C, potrebbe essere il primo buon colpo per impostare al meglio una squadra che chissà, proprio per quell’alchimia che sa trasmettere il Manuzzi, fra qualche mese potrebbe stupire. Cesena che farà tutto il possibile per portare Lapadula al Manuzzi ma ha un contratto molto oneroso, non sarà semplice aggiudicarsi l’asta per lui. Dal Perugia potrebbe poi arrivare Stipe Vulikic, 23 anni, difensore croato con buoni numeri in C, mentre dal Trento è in arrivo l’italo nigeriano Nosa Edward Obartin, 21 anni, promettente difensore, in C nel Trento la scorsa stagione. Mignani, giovedì scorso, s’è presentato alla piazza romagnola così: «Mi è sempre stato riconosciuto un equilibrio personale. Essere arrivato a Cesena è motivo di orgoglio. In questi giorni sto conoscendo la proprietà, ambiziosa e in forte crescita. Qui è tutto diverso rispetto a Bari e Palermo. Si deve continuare sull’onda d’entusiasmo per la promozione della scorsa stagione. Abbiamo una squadra giovane: partiamo da qui».