Toro, Vagnati e quelle parole avvilenti sui "club importanti"

Neanche studiandosela di notte avrebbe potuto elaborare una frase peggiore, esplicitare un concetto più offensivo nei confronti del sentire granata
Toro, Vagnati e quelle parole avvilenti sui "club importanti"© LAPRESSE

«Adams? L’ho preso dicendogli che uno step in Italia può fargli bene per poi eventualmente ritornare nei grandi palcoscenici europei, o in Italia ma nei club importanti». Nemmeno ha detto nei club PIÙ importanti, che già sarebbe stato triste. No: nei club IMPORTANTI, è riuscito a dire, penosamente, insopportabilmente, Davide Vagnati. Il direttore tecnico del Torino Fc, diretta emanazione di Cairo e dei suoi 19 anni di fuffosa e sempre più insostenibile mediocrità, pochi minuti prima della partita con l’Inter. Che poi è finita come era normale che finisse. Con la vittoria di un CLUB IMPORTANTE contro un CLUB NON IMPORTANTE. Neanche studiandosela di notte avrebbe potuto elaborare una frase peggiore, esplicitare un concetto più offensivo nei confronti del sentire granata, già così tante volte vilipeso nei discorsi e mortificato nei fatti.

Dopo le cessioni di Buongiorno (grave) e Bellanova (spudorata), parlare in questi termini dell’unico giocatore capace di riaccendere un po’ di speranze nei tifosi significa veramente non avere un minimo non dico di rispetto, ma di contezza di cosa sia (dovrebbe essere) il Toro per la sua gente. Poi qualcuno ancora si stupisce che a chi veste quella maglia (specie quella di ieri sera, orripilante, quasi offensiva per chi è cresciuto in una cultura granata) non gliene freghi nulla di diventare qualcuno nel Toro, qualcosa col Toro. I primi che considerano il Toro una squadra qualsiasi, “non importante”, e lo ribadiscono in tutti i loro pensieri, parole, opere e omissioni, sono proprio quelli che il Toro lo posseggono, lo dirigono, lo sviliscono, lo smontano e rimontano con l’obiettivo costante, sfiancante, di un 10° posto e di sistematiche plusvalenze (sempre autofinanzianti, mai calcistiche). Quelli che certi valori dovrebbero trasmettere, invece di umiliare. Valori che dovrebbero inculcare a chi arriva a giocare nel Toro, a chi è forte come a chi è una pippa, come è accaduto per un secolo prima di loro; come da 19 anni non accade più, al di là di vuote parole di circostanza quando c’è da promuovere uno sponsor o farsi belli in tivù o sui social. O da postare su Instagram “salutate la capolista”. Portando pure male.

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