Zapata rigenerato: fiuto e brillantezza per il Torino

Juric e il terminale da rilanciare. Lo sta gestendo in allenamento: schemi per servirlo di più e meglio
Zapata rigenerato: fiuto e brillantezza per il Torino© Marco Canoniero

A un certo punto, col Verona, ha allargato le braccia sconsolato, mentre un lancio per lui tarato male trotterellava fuori. Una settimana dopo, allo Stadium, ha imprecato, dopo il mancato passaggio di un compagno. E avevamo già visto Duvan Zapata in difficoltà, a Roma contro la Lazio: due occasioni gestite male, entrambe frutto di carambole in stile flipper, e una teoria di corse abbastanza a vuoto, con sostituzione dopo un’ora. Dopo, in casa contro il Verona, è tornato a disputare una partita intera, come poi nel derby. Neanche un tiro in porta, con i gialloblù. Ma neanche un tiro finito fuori. E dire che, dei 15 giocatori scesi in campo nei 90 minuti, era risultato il quinto granata per numero di palle giocate, 49, dietro a Ricci, Tameze, Rodriguez, Schuurs. Non un oggetto avulso, Duvan. Però mai protagonista, colui che avrebbe dovuto dare un senso compiuto al gioco di Juric. Quindi era sceso al nono posto, contro la Juve: appena 32 palloni toccati, ma almeno due conclusioni era riuscito a tentarle, tra cui un colpo di testa parato. Però sempre poca storia, sottoporta. Per carità, ha regolarmente un difensore e mezzo addosso, Duvan. Tanto contro il Verona quanto contro la Juve, Zapata è stato il granata ad aver subito la maggior pressione avversaria e il minor spazio di libertà, secondo gli studi analitici della Lega di Serie A (indice di pressione subita tra il 70 e il 75%: nessun compagno è mai tanto oppresso dalle marcature).

Che però un centravanti come lui fosse destinato a essere il ricercato numero uno era scontato. Molto meno il rendimento nel Torino: dopo 481 minuti spalmati su 6 presenze, è deludente il dato complessivo dei tiri in porta e delle occasioni da gol, con la punta dell’iceberg di una sola rete segnata, sinora, con istinto da bomber e prepotenza fisica, in tuffo di testa contro la Roma. Su punizione-cross di Ilic, una tantum illuminato. A Salerno, tuttavia, la sua miglior partita. Pur senza buttarla dentro: mettendo in qualche modo lo zampino in tutte e 3 le reti della vittoria (Buongiorno e doppio Radonjic), partecipando all’azione o portando via almeno un difensore con movimenti utili per creare il varco giusto.

In campo

Troppo poco servito in modo efficace: ora maluccio, ora con smistamenti prevedibili. Il problema è a monte, non a valle. Il problema non è uno Zapata scarico, il problema è riuscire a caricarlo a sufficienza: di palloni invitanti, occasioni potenziali. In questi giorni di sosta Juric lo ha fatto lavorare parecchio sulla brillantezza e l’efficacia sottoporta. Tutta una serie di geometrie offensive, al Filadelfia, tra dai e vai, triangolazioni, diagonali, cross dal fondo, schemi da fermo. Azioni volte a favorire i tiri in porta, i colpi di testa in area. Juric vorrebbe valorizzarlo meglio da pivot, evitando che si spremi troppo in giro per il campo a caccia di palloni vaganti. A 32 anni, con una muscolatura diciamo di seconda mano (498 partite in carriera, nazionale compresa), messa a dura prova negli ultimi anni anche da alcuni infortuni a Bergamo, il colombiano va gestito, allenamento dopo allenamento.
Evitando che l’elastico venga tirato fin quasi al limite massimo, concedendo a Duvan pause e rallentamenti in determinati lavori atletici. Mai spremuto col rischio. Al contrario, salvaguardato, cercando di valorizzarne la brillantezza, lo scatto breve, il rapido cambio di passo o di zolla, in posizione centrale negli ultimi 25 metri. Allenamenti specifici per lucidare Zapata, insomma, ma anche per innescarlo di più e meglio.

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