Di un aspetto siamo consapevoli: tanto Cairo quanto Vagnati sono a conoscenza di quanto solo una continuità progettuale capace di attraversare con concretezza le forche caudine del mercato di gennaio possa rendere fertili le zolle che calpesta Juric. Non potrà esserci spazio per ritardi e giustificazioni, giri di parole e rendiconti fumosi. Sulla finestra invernale si riverbereranno anche alcune considerazioni espresse dalla società all’allenatore in coda alle trattative della seconda metà di agosto. Quando il Torino partorì un mercato interruptus, uscendo al dunque dall’alveo degli obiettivi onerosi. «Il presidente vuole rientrare delle spese affrontate prima del mio arrivo e non credo che avremo la forza economica per arrivare a prendere giocatori come Praet, ad esempio», commentò non a caso Juric, all’epoca. Il freno a mano tirato da Cairo a fine agosto (con una via di fuga formale creata in un pomeriggio a prezzi di supersaldo: l’operazione Karamoh, scaricato da quel Parma di cui nei fatti già non faceva più parte da tempo), quel freno a mano tirato da Cairo, si diceva, fu anche spiegato a Juric come una scelta societaria non dettata soltanto da un attacco di braccinismo acuto, malattia che ciclicamente leva vitamine e proteine alle rose degli allenatori di riferimento del presidente Urbano.
Torino, la questione rinforzi chiesti da Juric
A Juric hanno anche provato a vendergliela così: il campionato sarà del tutto anomalo, spaccato in due dalla sosta di quasi 2 mesi per il Mondiale; tra la prima giornata e metà novembre, quando la Serie A finirà in soffitta, si giocheranno soltanto 15 partite; da gennaio a inizio giugno, ultimo turno di campionato, 23: un numero superiore grossomodo del 50%, 8 giornate in più; morale: può avere un senso conservare un pacchetto di milioni per gennaio, così da tarare e individuare meglio la reale necessità dei rinforzi, strada facendo. Cioè ruolo per ruolo. Ora, il ragionamento possiede anche il suo perché. Espone una sua logica. Nei primi 3 mesi di campionato si valutano i limiti della squadra e si soppesano le individualità, quindi a gennaio si opera sul mercato non solo per realizzare piccole operazioni di complemento (e completamento), ma anche per portare a casa obiettivi più importanti, chiaramente indispensabili per un salto di qualità nel girone di ritorno.
La fiducia di Juric nel Torino
Il problema è però un altro, visto che non stiamo parlando della Nasa, ma neanche dell’Atalanta o di una big con una potenza di fuoco sempre adeguata: quanta fiducia può ancora riporre Juric? Dietro a quante illusioni può ancora sopportare di correre dietro? Quanto sarà ascoltato a gennaio? Quante motivazioni avrà ancora dopo un anno e mezzo di cairismo, al di là del contratto in scadenza nel 2024, dunque non in scadenza? Il rendimento del Torino di qui ai Mondiali sarà dirimente. Anche in base a esso potranno essere più o meno prepotenti, usiamo questo termine, le pressioni su Cairo. Vagnati, di cui si attende l’annuncio del suo rinnovo nel corso dell’autunno, avendo invece lui il contratto in scadenza a giugno (e i rumours che si ascoltano continuano a portare alla ribalta questo esito), sta cercando di portare avanti quel concetto di continuità progettuale alla base, nelle speranze, del ciclo triennale di Ivan. Il rinnovo anche di contratti pesanti sotto il profilo dell’incidenza sportiva (Lukic in testa) e il riscatto di giocatori chiave come Vlasic (da ratificarsi in primavera, ma stabilendo nelle decisioni dei paletti fermi già all’inizio del nuovo anno) appartengono a questa sfera di progettualità. Se Cairo vorrà evitare che l’allenatore possa sentirsi sempre meno stimolato e curioso di guardarsi attorno, un po’ come fece dopo i 2 anni di Verona quando infine chiese la risoluzione anticipata, gennaio dovrà essere un mese di fatti concreti, quanto all’ingaggio di rinforzi diciamo veri. Papocchi giustificativi, ulteriori rinvii e braccinismi strumentali sarebbero un pessimo segnale, altrimenti. Starà a Cairo. Vagnati sa come adeguarsi, è più portato per carattere e ruolo. Juric molto meno, per non dire no.