Dybala in lacrime, "e quella finale persa mi ha distrutto". No, non Cardiff...

Le parole dell'argentino al Podcast della fidanzata e futura moglie Oriana: "Non volevo uscire più di casa". Poi il pianto per il padre

"Dopo aver vinto il Mondiale, ho avuto un'altra finale importante, giocata con la maglia della Roma. Abbiamo perso e quella sconfitta mi ha ucciso, ero distrutto. Volevo solo tornare a casa e non uscire di casa". Così Paulo Dybala nel corso del podcast "A donde vamos", diretto dalla sua futura moglie Oriana Sabatini, a proposito delle emozioni vissute dopo aver perso con la Roma la finale di Europa League del 2022-23, di Budapest, contro il Siviglia, ai rigori. "Mi ha fatto molto male perdere quella finale perché sapevo che in quel momento per la Roma sarebbe stato qualcosa di storico, così come lo è stato il Mondiale per l'Argentina. Per il popolo giallorosso sarebbe stato qualcosa di unico e di storico. Tutti mi chiedevano: ma mai hai sentito questa sconfitta così tanto? Io non lo so. Il tempo passato insieme alla squadra, il vivere la città, il conoscere la gente, lo spogliatoio. Mi ha ucciso il fatto di aver perso quella finale. Non c'è paragone tra la finale del Mondiale e quella di Europa League ma perdere contro il Siviglia mi ha distrutto", ha aggiunto Dybala.

Le parole di Dybala

L'ex attaccante della Juventus, che non ha mai citato Cardiff né i bianconeri, ha poi raccontato: "Sono nato con il calcio, nella mia casa abbiamo sempre vissuto il calcio, lo abbiamo respirato, lo guardavamo. Ho due fratelli più grandi che sono cresciuti come me, e così mio padre e mio nonno. Tutta la famiglia. Quando ero ragazzino ero un po’ stanco del calcio, avevo 7-8 anni, volevo iniziare a giocare basket. Mi sono iscritto a una scuola di pallacanestro. Ho iniziato ad allenarmi, non sapevo niente, a casa mia non se ne parlava. Penso che fosse per la disperazione di fare qualcos'altro. Nella mia prima partita ufficiale, mi è arrivato il pallone basso e ho controllato con il piede, non mi sono chinato per afferrarlo con la mano. Allora l'allenatore mi ha detto o giochi con le mani o giochi di nuovo a calcio. Ho detto che dovevo tornare al calcio. Ho capito che era cosa mia, ci giocavano tutti i miei amici".

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Dybala e i troppi infortuni

Poi, l'argentino si è soffermato sui troppi infortuni che hanno condizionato la sua carriera: "Spesso ho dovuto rallentare per andare dietro al mio corpo, avrei preferito che certe cose non mi succedessero. Faccio tutto il possibile affinché non accadano certe cose, e a volte ci riesco. È normale essere arrabbiato per una situazione o avere qualche frustrazione, ma non mi resta che continuare a lavorare, o riprendere a lavorare da dove avevi interrotto o ricominciare da capo allo stesso modo. Non si può fare molto. Se fossi pigro e non facessi niente per stare meglio sarebbe un discorso, ma fa bene avere una routine sportiva, per questo a volte ti dà un po' di rabbia. A volte penso che tutto quello faccio è tutto quello che mi dà il mio corpo, se non lo facessi sarebbe peggio".

Dybala e il rigore in finale Mondiale

Sulla finale del Mondiale tra Francia e Argentina: "Quando la Francia segnò il 3-3 mi venne quasi da piangere, mancava davvero poco alla fine della partita. In quelle occasioni se vai ai rigori perdi. Siamo andati sempre in vantaggio, ma la Francia è stata in grado di rimontare. I calciatori pensano alla possibilità di perdere quando vanno sul dischetto a calciare i rigori? Dipende da come è andata la partita. In quell’occasione sembrava che tutto stesse andando nel verso sbagliato, tutto ciò era successo per poi farci perdere ai rigori. Sennò la partita sarebbe finita 3-2 per noi e la Francia non avrebbe pareggiato. Io sono entrato in campo dopo il 3-3, quando la partita era ormai terminata, e mi veniva quasi da piangere. Non c’era tempo però né per piangere né per pensare. Le emozioni vengono messe da parte, mi sono solamente concentrato sul rigore".

Dybala e il futuro

Infine, sul futuro: "Ho ancora molti altri obiettivi anche a livello calcistico. Ho altri trofei che voglio vincere, voglio segnare un certo numero di gol, voglio fare centinaia di presenze, voglio giocare ancora tanto. Questo è perché ho una grande passione, mi diverto. Mi piace molto andare ad allenarmi con i miei compagni, pranzare insieme, viaggiare con la mia squadra. È normale che a volte dico 'no non ho voglia di andare ad allenarmi, ho voglia di continuare a dormire' ma io non voglio. Mi piace molto giocare e me lo sto godendo. Mi sono divertito molto prima e durante i Mondiali. Quello che voglio è divertirmi ancora, e forse a un certo punto il mio corpo mi dirà che non mi diverto più. Ora mi diverto e mi alzo ogni mattina felice di poter andare ad allenarmi. La gente pensa che è facile divertirti quando hai così tanto da fare. Fare un figlio? Sono curioso perché mi piacerebbe molto essere padre. Ho sempre voluto esserlo e sento che è un buon momento" ha dichiarato Dybala.

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"Dopo aver vinto il Mondiale, ho avuto un'altra finale importante, giocata con la maglia della Roma. Abbiamo perso e quella sconfitta mi ha ucciso, ero distrutto. Volevo solo tornare a casa e non uscire di casa". Così Paulo Dybala nel corso del podcast "A donde vamos", diretto dalla sua futura moglie Oriana Sabatini, a proposito delle emozioni vissute dopo aver perso con la Roma la finale di Europa League del 2022-23, di Budapest, contro il Siviglia, ai rigori. "Mi ha fatto molto male perdere quella finale perché sapevo che in quel momento per la Roma sarebbe stato qualcosa di storico, così come lo è stato il Mondiale per l'Argentina. Per il popolo giallorosso sarebbe stato qualcosa di unico e di storico. Tutti mi chiedevano: ma mai hai sentito questa sconfitta così tanto? Io non lo so. Il tempo passato insieme alla squadra, il vivere la città, il conoscere la gente, lo spogliatoio. Mi ha ucciso il fatto di aver perso quella finale. Non c'è paragone tra la finale del Mondiale e quella di Europa League ma perdere contro il Siviglia mi ha distrutto", ha aggiunto Dybala.

Le parole di Dybala

L'ex attaccante della Juventus, che non ha mai citato Cardiff né i bianconeri, ha poi raccontato: "Sono nato con il calcio, nella mia casa abbiamo sempre vissuto il calcio, lo abbiamo respirato, lo guardavamo. Ho due fratelli più grandi che sono cresciuti come me, e così mio padre e mio nonno. Tutta la famiglia. Quando ero ragazzino ero un po’ stanco del calcio, avevo 7-8 anni, volevo iniziare a giocare basket. Mi sono iscritto a una scuola di pallacanestro. Ho iniziato ad allenarmi, non sapevo niente, a casa mia non se ne parlava. Penso che fosse per la disperazione di fare qualcos'altro. Nella mia prima partita ufficiale, mi è arrivato il pallone basso e ho controllato con il piede, non mi sono chinato per afferrarlo con la mano. Allora l'allenatore mi ha detto o giochi con le mani o giochi di nuovo a calcio. Ho detto che dovevo tornare al calcio. Ho capito che era cosa mia, ci giocavano tutti i miei amici".

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