MILANO - «D’Alema, dì qualcosa, reagisci: D’Alema, dì una cosa di sinistra...». Era il 1998 quando Nanni Moretti, interpretando se stesso, lanciò un messaggio nel suo film “Aprile” alla sinistra italiana in competizione con il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi, allora ovviamente pure presidente e proprietario del Milan. Ventisei anni dopo i tifosi rossoneri, in questa sorta di crossover fra due epoche così lontane della storia del Diavolo, chiedono a Gerry Cardinale una “cosa di Milan”. Una mossa di campo. Perché il numero uno di RedBird, fortemente constatato dalla tifoseria organizzata nell’ultima settimana - dal post Milan-Genoa di domenica scorsa alla festa per i 125 anni di lunedì fino ai cori del Bentegodi -, venerdì ha fatto una mossa importante, ma a livello societario.
Con otto mesi di anticipo rispetto a quanto stabilito nell’estate 2022, ha rifinanziato il Vendor Loan con Elliott spostando la nuova scadenza al luglio 2028, investendo 170 milioni e riducendo così la quota capitale del prestito da restituire al fondo della famiglia Singer a 489 milioni (più interessi, probabilmente ancora al 7%). Cardinale, di fatto, ha mandato un segnale forte: nessuna volontà di mollare la presa dopo tre anni, anzi, il progetto va avanti. I tifosi, però, vogliono altro.
Bilancio ok ma in campo...
Si sa, lo scudetto del bilancio - e il Milan ha chiuso gli ultimi due in attivo - piace tanto ai dirigenti e viene spesso sbandierato, anche giustamente. Però il popolo rossonero vuole le vittorie sul campo, vuole i trofei, vuole una squadra - oltre a una società... - che sappia contrapporsi con forza per esempio all’Inter, che magari avrà i conti non in ordine come i rossoneri, ma ha agguantato per prima la seconda stella, ha raggiunto una finale di Champions (a discapito del Milan) e oggi è in lotta ancora per lo scudetto, al contrario della squadra di Fonseca, tristemente lontana dalla vetta. Cardinale ha dato forza alla sua posizione, ora è chiaro, anche ai più scettici, che il Milan sarà suo e di RedBird per altri anni e magari arriveranno nuovi investitori di minoranza dal mondo americano o arabo.
Però non c’è solo il marketing, non c’è solo il brand da esportare negli Stati Uniti con accordi prestigiosi come quello con i New York Yankees. Il tifoso rossonero il lunedì - una volta, ora vale qualsiasi giorno - guarda la classifica e non può sognare lo scudetto. Anzi, oggi ha paura di perdere pure la partecipazione alla Champions ’25-26. Per questo urge una mossa di campo da parte di Cardinale.
Dirigenza più costante
Serve che la dirigenza sia chiamata a una presenza più costante in vari ambiti, che dia maggiore forza alla sua scelta - discussa - di affidare la panchina a Fonseca, che rinforzi la squadra. Perché è evidente a tutti che questo organico sia corto, che presenti delle lacune in alcuni ruoli (il vice Fofana su tutti). Arrivare nelle prime quattro (o cinque, se l’Italia sarà brava a confermarsi al vertice del ranking Uefa) è vitale per il futuro del Milan. La vetrina della Champions è fondamentale anche per la crescita del club a livello finanziario: un Milan vincente è un Milan vendibile. I tifosi hanno mostrato il loro disappunto e la frattura non sarà semplice da ricomporre. I cori «questa società non ci merita», «noi non siamo americani» e «Cardinale devi vendere» difficilmente si placheranno a breve, ma Cardinale ha in mano le carte: sta a lui e ai suoi dirigenti fare qualcosa... “di Milan”.