Il Milan e il ko contro l’Inter: questione di testa, di tattica e di cambi

La ferocia nerazzurra ha addentato i polpacci rossoneri, impedendo a lungo il ragionamento. Da domani al 7 ottobre la squadra di Pioli avrà sei partite, due già delicatissime in Champions. E il 22 ottobre al Meazza si materializzerà la Juve
Il Milan e il ko contro l’Inter: questione di testa, di tattica e di cambi© Getty Images

Il primo scontro al vertice di stagione ha misurato la distanza che ancora esiste tra Inter e Milan. Una distanza dal punto di vista caratteriale, innanzitutto. La ferocia nerazzurra ha addentato i polpacci rossoneri, impedendo a lungo il ragionamento. Nelle prime tre giornate il Milan aveva raccolto applausi per la capacità di fraseggio e di aggiramento degli avversari con gli inserimenti di mezzali ed esterni favoriti dal movimento di Giroud. L’altra sera non si è vista, tranne che in occasione del gol di Leao: troppa leggerezza di fronte al senso al tempo e alla capacità di raddoppio nerazzurra. Come se il Milan si rivelasse di leggerezza eccessiva rispetto alla controparte. Quindi, ancora una volta in questo 2023, l’incapacità di saper rispondere alle mosse nerazzurre a livello tattico. Quella che era stata finora una delle chiavi rossonere - l’accentramento di Calabria e Theo per appoggiare il gioco - si è rivelato letale per i centrali difensivi, abbandonati in micidiali uno contro uno contro Thuram e Martinez, esaltatisi con i gol e con gli assist. E, nonostante fosse nota l’abilità interista nei cambi di fronte del gioco, ancora una volta è stata una delle risorse chiave della squadra di Inzaghi: vedi il gol del 3-1, quello su cui ha puntato molto il dito Stefano Pioli.

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Il Milan e le prossime sei partite

Infine un’ultima osservazione, relativa ai cambi. Quelli dell’Inter sono stati efficaci, aumentando l’intensità del gioco nel momento chiave della partita, mentre quelli del Milan non hanno inciso. Un ritornello già ascoltato la passata stagione, con una osservazione. Frattesi, Arnautovic e Carlos Augusto sono esperti della Serie A, i vari Chukwueze, Okafor e Musah devono ancora ambientarsi nella nuova realtà. Il problema è che il tempo a disposizione non è tantissimo: da domani al 7 ottobre, quando scatterà la pausa Nazionali, il Milan avrà sei partite, due già delicatissime in Champions (in casa con il Newcastle e in trasferta con il Dortmund). E domenica 22 ottobre al Meazza si materializzerà la Juventus, che sta evidenziando di non essere messa malissimo. Un altro scontro al vertice in cui sarà necessario vedere un altro Milan, per non vivere rimpianti anticipati.

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Il primo scontro al vertice di stagione ha misurato la distanza che ancora esiste tra Inter e Milan. Una distanza dal punto di vista caratteriale, innanzitutto. La ferocia nerazzurra ha addentato i polpacci rossoneri, impedendo a lungo il ragionamento. Nelle prime tre giornate il Milan aveva raccolto applausi per la capacità di fraseggio e di aggiramento degli avversari con gli inserimenti di mezzali ed esterni favoriti dal movimento di Giroud. L’altra sera non si è vista, tranne che in occasione del gol di Leao: troppa leggerezza di fronte al senso al tempo e alla capacità di raddoppio nerazzurra. Come se il Milan si rivelasse di leggerezza eccessiva rispetto alla controparte. Quindi, ancora una volta in questo 2023, l’incapacità di saper rispondere alle mosse nerazzurre a livello tattico. Quella che era stata finora una delle chiavi rossonere - l’accentramento di Calabria e Theo per appoggiare il gioco - si è rivelato letale per i centrali difensivi, abbandonati in micidiali uno contro uno contro Thuram e Martinez, esaltatisi con i gol e con gli assist. E, nonostante fosse nota l’abilità interista nei cambi di fronte del gioco, ancora una volta è stata una delle risorse chiave della squadra di Inzaghi: vedi il gol del 3-1, quello su cui ha puntato molto il dito Stefano Pioli.

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