MILANO - E’ un’altra delle tante situazioni sospese che accompagnano il Milan in questi mesi sempre più travagliati. L’ennesima, per dirla fino in fondo: che ne sarà di Paolo Maldini? Avevamo lasciato il dirigente rossonero al centro di una durissima diatriba con Ivan Gazidis. Quella stessa diatriba che ha poi portato alla risoluzione del contratto di Zvonimir Boban. Tema del contendere? Ralf Rangnick, il tecnico e dirigente della Red Bull che l’ad rossonero ha individuato per il futuro del Milan. Peccato che si sia semplicemente “dimenticato” di comunicarlo ai suoi più importanti compagni di viaggio, vale a dire appunto Boban e Maldini. che si sono sentiti giustamente scavalcati e ignorati. Se Boban con le sue dichiarazioni ha di fatto spinto il Milan a licenziarlo, non è che Maldini sia andato molto più cauto. “Sinceramente come direttore dell’area sportiva non credo, lo dico con rispetto, che sia il profilo giusto da associare a una squadra come la nostra”, le sue parole ai microfoni di Sky a metà febbraio.
Una frase che manifesta con decisione l’impossibilità di condividere una scelta fatta da chi sta più in alto di lui. In tutte le aziende, quando non si condividono le scelte di chi comanda, si viene mandati via. Ed è quello che dovrebbe capitare anche a Maldini. Peccato che dopo il licenziamento di Boban, la proprietà rossonera abbia preso atto che privarsi di un’altra bandiera, oltre al croato, avrebbe potuto comportare una frattura troppo pericolosa con l’ambiente e la tifoseria. E così la situazione è rimasta congelata, a causa anche del coronavirus che su Maldini ha avuto effetto ulteriore, vista la sua positività. I due si sono sentiti, anche più volte, ma è mancato l’incontro di persona che avrebbe potuto essere chiarificatore, in un senso o nell’altro.