"Marusic mi ha salvato, volevano uccidermi": Jankovic racconta l'aggressione

L'agente del difensore laziale non ha dubbi su quanto avvenuto in Serbia: "È stato un agguato, sono vivo solo grazie al suo intervento"

MILANO - Martedì scorso, dopo la partita di Belgrado tra Serbia e Montenegro valevole per le qualificazioni al prossimo europeo, Uros Jankovic, uno degli agenti di Adam Marusic, è stato assalito da un gruppo di uomini armati all’esterno di un noto ristorante della capitale subito dopo i festeggiamenti per il compleanno del laterale della Lazio, alla presenza del calciatore, oltre che della madre, della compagna e della sorella dell’atleta. I colpevoli – secondo la ricostruzione dell’uomo, per una tesi avallata anche dalla polizia locale e riportata da diversi media come “Vijesti” e “Danas” sono, tra gli altri, Niksa e Kostadin Terzic, ossia i figli del direttore sportivo della Stella Rossa Zvezdan Terzic. «Un vero e proprio agguato», con Jankovic ancora in vita solo grazie al pronto intervento dell’esterno biancoceleste, che per l’appunto avrebbe evitato l’omicidio del rappresentante: «Siamo arrivati poco più di un’ora dopo il termine della gara e siamo usciti dopo un’oretta e mezza dal ristorante. Dovevamo e volevamo rientrare presto visti i nostri impegni. Fuori ad aspettare me, Adam, sua mamma, la compagna e la sorella, c’era il mio driver – racconta Jankovic -. Nemmeno il tempo di avvicinarmi all’auto però e sono stato letteralmente assalito da più uomini, che non solo non ci hanno permesso di entrare nella vettura, ma hanno iniziato a colpirmi in testa con una pistola. Ho ricevuto trenta, quaranta colpi alla testa e sul corpo. Mi hanno distrutto. In questo momento mi trovo in ospedale, ho una gamba rotta e la faccia sfigurata. Hanno tentato di uccidermi. Per fortuna Adam mi ha soccorso, anche se gli è stata puntata contro una pistola. Avessero premuto il grilletto, avrebbero ucciso un innocente. Adam è un eroe. È solo probabilmente grazie al suo intervento che sono vivo. Non ci fosse stato lui con la sua famiglia, mi avrebbero ucciso. Ne sono assolutamente sicuro di questo, 100%».

L'obiettivo insomma era lei, non Marusic. Per quale motivo l’hanno aggredita?

«La verità è che si tratta di un’organizzazione con giri loschi, che io definisco mafiosa, che ha provato a spillarmi denaro per il mio lavoro. Io non mi sono mai piegato. Avevano già provato a chiedermi soldi in passato più volte, l’ultima un anno e mezzo fa, ma nulla a che vedere con quanto accaduto l’altra sera, quando è successo quello che io definisco un vero e proprio attacco terroristico».

Come si è evoluta la vicenda?

«La polizia ha arrestato questi criminali. O meglio, ne ha arrestati tre. Nei video, che hanno registrato tutto, si vedono più persone. Mi hanno picchiato in quattro, tre con la pistola, uno senza. Ma in realtà mi pare di aver capito che fossero in quindici con compiti precisi. Prima che uscissimo tutti dal ristorante, avevano infatti bloccato l'intera strada prima dell’aggressione».

Ha paura anche adesso per la sua vita?

«Hanno provato a uccidermi. Ma lotterò affinché venga fatta giustizia. E che le autorità serbe sbattano in prigione queste persone per moltissimo tempo».

Il suo socio Kezman non teme di essere il prossimo?

«Non credo. Per fortuna ci sono le immagini che certificano tutto quello che è successo. Senza il video, forse, le persone sarebbero rimaste in silenzio, anche nei media. Ma ormai quanto accaduto è di dominio pubblico».

Con Marusic e la sua famiglia vi siete sentiti?

«Noi ovviamente parliamo sempre. Ma lui ora non deve rilasciare dichiarazioni a voi della stampa, lo farà a tempo debito. Racconterà quanto accaduto agli inquirenti e la giustizia farà il suo corso. Questa è la cosa più importante».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...