ROMA - "Tre dei cinque addebiti disciplinari accertati dall'annullata decisione sono definitivamente venuti meno e i due addebiti residui sono significativamente ridimensionati nella loro portata oggettiva e la responsabilità del presidente della società va graduata, in diminuzione, rispetto a quella dei medici, in presenza della riconosciuta delega di funzioni". Ecco le motivazioni della sentenza del caso tamponi Lazio. Il 19 ottobre scorso la Corte Federale d'Appello, chiamata dal Collegio di Garanzia del CONI ad effettuare una nuova valutazione della misura della sanzione, accogliendo parzialmente i reclami proposti dal presidente del club Claudio Lotito, dai medici Ivo Pulcini e Fabio Rodia e dalla S.S. Lazio, aveva determinato la sanzione in 2 mesi di inibizione per il patron e in 5 mesi di inibizione per i medici. La società biancoceleste era stata sanzionata con un’ammenda di 50.000 euro.
Lotito, le motivazioni della Corte Federale d'Appello
Per il presidente, in riferimento agli addebiti venuti meno, si parla di "non aver tempestivamente comunicato alle ASL competenti la positività al Covid-19" di alcuni giocatori nelle date del 27 ottobre 2020, 30 ottobre e 3 novembre (prima di Bruges-Lazio, Torino-Lazio e Zenit-Lazio) e "per non aver attivato alcuna misura di prevenzione sanitaria con riferimento ai “contatti stretti” dei tesserati risultati positivi al Covid-19". E si legge ancora: "L'inosservanza dell'obbligo di precauzione e la negligenza sono state ritenute sussistenti dal Collegio di Garanzia per il solo fatto di avere consentito ai calciatori, positivi anche ad un solo tampone, di accedere ai locali della società e di scendere in campo".