Il processo di Napoli
Poi, però, arrivò il processo di Napoli. E arrivarono i cd con le intercettazioni, tutte le intercettazioni, non la compilation fabbricata dai pm con tutto il peggio di Luciano Moggi, bensì il quadro completo di cos’era il calcio italiano nella stagione 2004-05 (l’unica stagione “intercettata” tra l’altro), ovvero un luogo eticamente discutibile in cui sostanzialmente tutti (il Torino no, a onore della storia e della verità) telefonavano ai designatori arbitrali per chiedere favori e favorini o fare pressioni o pressioncine per avere questo o quel direttore di gara. Venne fuori che il presidente Carraro aveva detto al designatore Bergamo di istruire bene un arbitro affinché «nel dubbio! fischiasse «contro la Juve». Venne fuori che nessun arbitro si era reso colpevole di aver truccato una sola partita della Juventus. E vennero fuori le telefonate dei dirigenti dell’Inter. Era il 2009 e l’allora procuratore federale Stefano Palazzi, lo stesso che era stato implacabile accusatore della Juventus, ci mise due anni per prendere in esame quelle nuove evidenze. E, a tempo scaduto, ovvero quando tutto era prescritto, lui scrisse una relazione di 72 pagine, pubblicata il 4 luglio 2011, cinque anni dopo la festa scudetto di Bolzano.