Dieci anni dopo la scoperta delle telefonate interiste, la Giustizia Sportiva non si è ancora pronunciata una sola volta nel merito della vicenda che portò l’assegnazione a tavolino dello scudetto 2005-06 all’Inter. Neppure ieri, quando l’ennesimo ricorso della Juventus è stato respinto dal Collegio di Garanzia del Coni, cui il club bianconero aveva chiesto di esprimersi sull’opportunità di revocare il titolo ai nerazzurri i cui dirigenti, come emerse nel dibattimento del processo penale al Tribunale di Napoli, erano stati protagonisti di contatti con gli arbitri analoghi a quelli tenuti dai dirigenti della Juventus. Un fatto, quest’ultimo, che venne sancito dalla cosiddetta Relazione Palazzi, dal nome del procuratore federale di Calciopoli. Palazzi il 4 luglio 2011 pubblicò un documento ufficiale nel quale analizzava le nuove prove emerse a Napoli e occultate dagli inquirenti durante le indagini e scrisse che i vertici interisti sarebbe stati da processare all’epoca e non per una violazione secondaria, ma per «illecito sportivo», date le nuove intercettazioni e i nuovi fatti posti alla sua attenzione. Solo la prescrizione evitò una seconda Calciopoli, nella quale l’Inter avrebbe rischiato condanne simili a quelle della Juventus. E proprio su questo argomento, ieri, si è espresso l’avvocato Luigi Chiappero davanti al Collegio di Garanzia, spiegando: «Quando pensi alle telefonate di Moggi pensi a Moggi, quando pensi alle telefonate di Facchetti, pensi a quel signore per bene che ci ha fatto vincere in Europa con eleganza: la differenza è tutta qui perché le telefonate dell’uno e dell’altro sono davvero poca cosa». Luisa Torchia, in rappresentanza dell’Inter, ha controbattuto: «Pesano le ripetute sentenze, penali, amministrative e sportive, che si sono seguite negli anni. Si propone sempre lo stesso quesito senza tenere conto di quello che hanno detto in tutti questi anni tutti i giudici».