Poulsen, l'infanzia e la Nazionale
Chi era il suo idolo di gioventù, il giocatore che ammirava, a cui s’ispirava? «Non avevo un vero idolo quand’ero ragazzino anche se seguivo molti giocatori. Ho sempre avuto in testa l’idea di diventare un calciatore professionista. Ma non volevo “venerare” un idolo con la possibilità di giocarci contro un giorno perché questo non sarebbe stato mentalmente stimolante, non sarebbe più stata una vera sfida. Anche da giocatore la pensavo così».
Il suo amato papà Shihe Yurary (ndr: spedizioniere al porto di Copenaghen, scomparso nel 2000 a causa di un male incurabile) era tanzaniano. È vero che c’è stato un momento, circa una dozzina d’anni fa, in cui lei avrebbe potuto giocare per la Nazionale africana delle “Taifa Stars” ma dalla Federazione calcistica di Dodoma non arrivò mai nessuna richiesta ufficiale in tal senso?
«La Danimarca è la mia terra natale: sono nato e cresciuto a Copenaghen. Ma anche la Tanzania occupa un parte del mio cuore, metà della mia famiglia vive là. Non c’è mai stato un momento in cui mi sono trovato veramente a scegliere fra Danimarca e Tanzania. Solo un piccolo contatto più di dieci anni fa quand’ero andato a trovare la mia famiglia a Dodoma, ma non c’è più stato seguito. Ho fatto la trafila in tutte le rappresentative giovanili danesi: la mia mente è stata sempre concentrata sull’obiettivo di guadagnare la Nazionale maggiore. Magari ci fosse stata un’offerta concreta qualche anno prima dall’Africa, le cose sarebbero andate diversamente. Ma nessuno può dirlo oggi».