Più del gioco possono la testa e l’animo con cui si interpreta la partita. La Juventus di Thiago Motta spicca più per lo spirito che per la tattica. Ci sono, senza dubbio, idee più nitide e movimenti più studiati, ma riempie più gli occhi l’approccio a ogni momento della gara, ogni possesso, ogni recupero. Chiamatela mentalità, se volete, e buttateci dentro tutto: il coraggio delle scelte di ogni giocata, la riconquista della palla alta, l’aiuto reciproco, l’assenza di qualsiasi paura nella gestione del pallone, ma anche la lucida spavalderia di Motta nello schierare i ragazzi della Next Gen (ripagata con due gol in due partite) e la rigorosa meritocrazia con la quale il tecnico stila la formazione.
La vera rivoluzione è l'atteggiamento
È una rivoluzione di atteggiamento, quella di Thiago. Al secondo 3-0, alla seconda prestazione convincente, alla seconda partita controllata con autorità (zero tiri in porta aveva effettuato il Como, uno ne ha fatto il Verona), sale l’entusiasmo e prende corpo la consapevolezza dei giocatori e dell’ambiente. È presto, forse addirittura prestissimo per qualsiasi giudizio, ma tutto sembra funzionare come negli scenari più ottimistici. Segna Dusan Vlahovic, segnano i ragazzini (e quelli che non segnano giocano bene), risorgono giocatori che sembravano persi (vedi la squadra che attacca in modo brillante e continuo, ma si difende anche molto bene e, soprattutto, vince).