Rivoluzione Juve, la testa più della tattica

Thiago Motta sta lavorando sul modo di approcciare a ogni singola giocata della partita e sulla meritocrazia

Più del gioco possono la testa e l’animo con cui si interpreta la partita. La Juventus di Thiago Motta spicca più per lo spirito che per la tattica. Ci sono, senza dubbio, idee più nitide e movimenti più studiati, ma riempie più gli occhi l’approccio a ogni momento della gara, ogni possesso, ogni recupero. Chiamatela mentalità, se volete, e buttateci dentro tutto: il coraggio delle scelte di ogni giocata, la riconquista della palla alta, l’aiuto reciproco, l’assenza di qualsiasi paura nella gestione del pallone, ma anche la lucida spavalderia di Motta nello schierare i ragazzi della Next Gen (ripagata con due gol in due partite) e la rigorosa meritocrazia con la quale il tecnico stila la formazione.

La vera rivoluzione è l'atteggiamento

È una rivoluzione di atteggiamento, quella di Thiago. Al secondo 3-0, alla seconda prestazione convincente, alla seconda partita controllata con autorità (zero tiri in porta aveva effettuato il Como, uno ne ha fatto il Verona), sale l’entusiasmo e prende corpo la consapevolezza dei giocatori e dell’ambiente. È presto, forse addirittura prestissimo per qualsiasi giudizio, ma tutto sembra funzionare come negli scenari più ottimistici. Segna Dusan Vlahovic, segnano i ragazzini (e quelli che non segnano giocano bene), risorgono giocatori che sembravano persi (vedi la squadra che attacca in modo brillante e continuo, ma si difende anche molto bene e, soprattutto, vince).

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Juve, il bello deve ancora venire

Serviranno molte altre partite ed eventualmente molte altre vittorie per misurare il peso preciso di questa Juventus, ma è impressionante pensare che è già convincente pure mancandole alcune pedine chiave appena arrivate o in arrivo dal mercato, vedi Koopmeiners e Nico Gonzalez, per esempio. E lo stesso Douglas Luis, finora il più costoso della campagna acquisti, è partito due volte in panchina, giocando manciate di minuti (peraltro a risultato acquisito). La squadra di Motta, insomma, potrebbe avere ancora un enorme potenziale da esprimere nei prossimi mesi, quando il tecnico completerà l’impasto con tutti gli ingredienti. Intanto l’utilizzo intensivo e costante dei giovani della Next Gen (tra titolari e subentrati, Motta ne ha mandati in campo sei nella gara di ieri) fa della Juventus la più europea delle squadre italiane per capacità di scegliere, far crescere e utilizzare i giovani. Siamo sempre lì: la testardaggine di Andrea Agnelli nel volere la seconda squadra nel 2018, non compresa da tutti all’inizio, sta producendo frutti clamorosi.

Thiago Motta incensa Savona

Savona, per esempio, esce dalla filiera: il valdostano gioca nella Juventus da quando aveva otto anni, è passato in tutte le categorie, approdando alla Next Gen nel 2022 prima della promozione di Thiago Motta. "Mi piace come mi guarda quando spiego le cose prima dell’allenamento, mi piace il suo modo di ascoltare e capire", ha detto l’allenatore parlando di Savona. E questa frase spiega come nella testa del tecnico ci sia la volontà di infondere mentalità e coraggio, scegliendo quelli nei quali ne riscontra di più.

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Più del gioco possono la testa e l’animo con cui si interpreta la partita. La Juventus di Thiago Motta spicca più per lo spirito che per la tattica. Ci sono, senza dubbio, idee più nitide e movimenti più studiati, ma riempie più gli occhi l’approccio a ogni momento della gara, ogni possesso, ogni recupero. Chiamatela mentalità, se volete, e buttateci dentro tutto: il coraggio delle scelte di ogni giocata, la riconquista della palla alta, l’aiuto reciproco, l’assenza di qualsiasi paura nella gestione del pallone, ma anche la lucida spavalderia di Motta nello schierare i ragazzi della Next Gen (ripagata con due gol in due partite) e la rigorosa meritocrazia con la quale il tecnico stila la formazione.

La vera rivoluzione è l'atteggiamento

È una rivoluzione di atteggiamento, quella di Thiago. Al secondo 3-0, alla seconda prestazione convincente, alla seconda partita controllata con autorità (zero tiri in porta aveva effettuato il Como, uno ne ha fatto il Verona), sale l’entusiasmo e prende corpo la consapevolezza dei giocatori e dell’ambiente. È presto, forse addirittura prestissimo per qualsiasi giudizio, ma tutto sembra funzionare come negli scenari più ottimistici. Segna Dusan Vlahovic, segnano i ragazzini (e quelli che non segnano giocano bene), risorgono giocatori che sembravano persi (vedi la squadra che attacca in modo brillante e continuo, ma si difende anche molto bene e, soprattutto, vince).

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