Scambiare Mbangula con Yamal è un abbaglio che, nonostante l’euforia per il lunedì da leoni, potrebbe far perdere l’orientamento. Confondere il progetto della Next Gen con un baraccone da plusvalenze (come maldestramente definito da Maurizio Arrivabene) è una sbandata che può far andare pericolosamente fuori strada. Perché il ventenne belga, che ha inaugurato l’era Motta con un bel gol e un’ottima prestazione, finora non aveva dato segnali di essere il nuovo Pogba e, qualora effettivamente non lo diventasse, sarebbe comunque la prova della solidità tecnica della squadra da cui è uscito, una rosa con dentro Yildiz, Huijsen, Iling Jr, Barrenechea, Soulé.
È da un anno, ormai, che esaltiamo il progetto della seconda squadra bianconera fino quasi a essere stucchevoli, ma tra i buchi tappati nella scorsa stagione, i soldi prodotti sul mercato in questi due mesi e, da lunedì, i gol e le prestazioni per il nuovo ciclo, si gira sempre intorno a quell’idea che in direzione ostinata e contraria la Juventus ha portato avanti negli ultimi cinque anni.
Juve, ora arriva il difficile
Ora raccoglie i frutti degli investimenti fatti, anche grazie a un allenatore che ha caratteristiche perfette per vendemmiare in una simile vigna (che come tutte le vigne va pazientemente manutenuta). L’entusiasmo portato da Thiago Motta, tuttavia, non è solo la ventata di aria fresca di una formazione dall’età media di 24 anni. Il nuovo allenatore ha ridato vita a sogni un po’ impolverati e l’impressione che possa nascere un nuovo ciclo e che la Juventus stia costruendo qualcosa.
È un grande merito, perché la Juventus e la sua gente avevano smarrito l’ottimismo e la voglia di divertirsi, aumentando in compenso il tossico desiderio di litigare e disprezzare. Ora, ovviamente, viene il difficile. Bastano un paio di risultati storti per aprire una crepa nel buon umore, gestire le aspettative sarà il compito più complicato di Thiago Motta. Ma è una persona molto intelligente e la sfida lo stimola.