Ha spiccato l’ultimo volo, il Falco di Venaria. Così Ljubisa Brocic, allenatore jugoslavo che guidò la Juventus dal 1957 al 1959 conquistando lo Scudetto della stella - il decimo -, aveva soprannominato Bruno Garzena, che di quella squadra era il terzino sinistro o anche destro all’occorrenza. "Ero molto veloce e bravo nello stacco aereo, saltavo quasi un metro e ottanta. Brocic, vedendomi saltare, disse che dove arriva il falco non arriva nessuno. Da lì, nacque il mio soprannome", aveva raccontato lo stesso Garzena, scomparso ieri a 91 anni nella sua casa di Torino. Torino alle cui porte, in quella Venaria a cui doveva la seconda parte del suo soprannome, Bruno Garzena era nato il 2 febbraio 1933, in piena epopea della Juventus del Quinquennio d’oro, quella capace di vincere cinque Scudetti consecutivi tra il 1931 e il 1935.
Bruno Garzena, dagli esordi alla Juve
Il piccolo Bruno cresce nel mito di quella squadra e, Seconda Guerra Mondiale permettendo, gioca a calcio con gli amici all’oratorio della Speranza, a due passi da Corso Vercelli dove vive e da via Rondissone dove i suoi genitori hanno un negozio di frutta e verdura. Proprio quando il conflitto sta finendo, nel 1945, comincia l’avventura in bianconero del dodicenne Bruno. "Sono all’Oratorio della Speranza a Torino - il racconto dello stesso Garzena riportato dal blog 'Il pallone racconta' - è l’una e mezza, vado a cercare i miei compagni e trovo il deserto. Dove sono andati? 'Sono in prova alla Juve', mi dice il custode". Bruno sale sulla bicicletta e pedala per i 7 chilometri che separano l’oratorio da Piazza d’Armi, dove all’epoca si trova il campo della Juventus. Serve un po’ di tempo, ma alla fine Garzena convince la Juve: "Dopo tre o quattro mesi mi hanno fatto firmare la famosa cartolina verde, allora simbolo di un legame. Legame di cui vado fiero, perché continuo a essere innamorato della Juve".