Ancora Bonucci, da Thiago Motta e Del Piero a Pirlo: “Perché la Juve sbagliò”

La seconda parte dell’intervista all’ex bianconero al podcast BSMT: “Con Andrea giocavamo un buon calcio”. Poi Ronaldo e il possibile incontro con Allegri…

"Mi auguro che venga dato a Thiago Motta il tempo di lavorare. Servirà per trasmettere ai giocatori ciò che serve, fare i suoi test del caso. Credo che se si vuole dare un progetto tecnico alla Juve oggi, lui per quanto dimostrato al Bologna è la persona giusta" - ha spiegato Bonucci al BSMT (qui la prima parte dell'intervista). Poi ha proseguito: "Se avevo mai pensato alla possibilità che lui diventasse allenatore? Si, lo avevo già detto nel 2012. In Nazionale parlava poco, ma dalla professionalità e dal lato umano era lampante la grandezza dell’uomo. Dopo la partita con la Spagna nel girone, dove pareggiamo 1-1, entrò nello spogliatoio e fece zittire tutti. A quel punto disse: “Se siamo questi, arriveremo in finale e ce la giocheremo contro di loro”. E in effetti in quell’Europeo arrivammo in finale. Poi vero che arrivammo cotti e non giocammo praticamente, ma da questi aspetti capivi il carisma, il modo di giocare. Anche lui è stato un giocatore grandissimo, fortissimo, sottovalutato. È sempre stato attaccato, dicevano che andava piano. Invece anche di testa andava più forte rispetto a qualsiasi altro. Vedeva il calcio 3 secondi prima degli altri, un po’ com’era Andrea Pirlo. L’intelligenza calcistica ti fa fare quel salto di qualità come singolo e come squadra che è impressionante".

La Juve e l'esperienza con Pirlo e Ronaldo

"Cosa non ha funzionato nell’esperienza da allenatore della Juve con Pirlo? Credo che sia arrivato in un momento particolare. Causa covid avevamo finito la stagione precedente ad agosto, e ci ritrovammo i primi di settembre. Giocavi ogni tre giorni: squadra nuova, idee nuove, lui avrebbe avuto bisogno di tempo per dimostrare. Era anche la sua prima esperienza, lui stesso doveva conoscersi come allenatore. E comunque abbiamo vinto due trofei, che non è scontato: quando giochi per la Juve devi vincere titoli. Che sia campionato, Champions, Europa League, Coppa Italia o Supercoppa devi vincere. Giocavamo comunque un buon calcio… Il presidente fece la sua scelta, ma secondo me l’anno dopo Andrea sarebbe stato ancora più a suo agio. Abbiamo provato ad aiutarlo in ogni modo, e poi quando vinci due trofei è perché tutte le situazioni si incastrano, sennò non vinci. Ora mi auguro che riesca a portare la Samp in Serie A perché così si rilancerebbe come tecnico - ha spiegato Bonucci.

Poi su Ronaldo: "Ti ha dato quell’upgrade a livello di brand internazionale. Alla fine l’arrivo di Cristiano ha avuto una cassa di risonanza mediatica spropositata, che la Juve non aveva avuto prima neanche con i grandissimi e infiniti giocatori come Zidane o Del Piero. Arrivato con umiltà, ha fatto il massimo, purtroppo per una serie di circostanze a coronare il sogno di tutti gli juventini, che poi era il motivo per cui fu preso CR7, ovvero vincere la Champions League. Cosa mi ha colpito di più di lui? Sicuramente la costanza e la perseveranza nell’allenarsi, nel tenersi in forma, nel non mancare un giorno nella routine di allenamento. Si può essere più stanchi a volte, magari preferisci fare massaggio e non allenamento, invece lui era un robot. È da ammirare: fare tutti i giorni questi per 20 anni e ancora oggi Se metteva becco su cosa accadeva in difesa? Si, ci capitava. Essendo un attaccante, e per di più avendo giocato al Real Madrid e avendo vinto tanto, ci capitava di discutere, di parlare, di confrontarci ma come è normale che sia. Io spesso dicevo a lui che ci doveva dare una mano in fase difensiva, e lui rispondeva che noi dovevamo aiutarlo in un’altra circostanza in attacco. Poi si trovava la soluzione per tutto".

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Le offerte dall'Arabia

"Se mi sono arrivate offerte dall’Arabia? Si, sono giunte ma mai concrete" - ha raccontato. "Quando ho dovuto fare la scelta di andare via dalla Juve e giocare altrove volevo sentirmi ancora giocatore, stare in Champions League. E con l'Union Berlino ho avuto la fortuna di giocare al Bernabeu contro il Real Madrid, di giocare al Maradona contro il Napoli: per me quelle sono state soddisfazioni che mi mancavano, perché ero ancora calciatore a dispetto di ciò che era stato fatto passare. Poi sappiamo che la nostra carriera è talmente corta che se ti arriva una proposta economica così allettante come arrivano dall’Arabia dire no è difficile. La carriera di un giocatore è di 15 anni, e devi preparare il terreno per altri 50. Che poi quando hai un certo stile di vita devi saper investire e gestire ciò che guadagni".

Gli Europei vinti: i segreti del successo

Sugli Europei vinti nel 2021: Cosa ha fatto scattare la magia? Il modo del mister nel gestire i momenti. Eravamo in 35 con tutte le famiglie e mia moglie mi disse subito che ci stava qualcosa di diverso. Lei è una grande donna e percepisce queste cose. Io dicevo: “Bha vedremo”. E così è stato, in cinquanta giorni non c’è stata mai una discussione. Sono stati tutti bravi, il presidente e anche Gianluca Vialli, persona stupenda. Siamo stati tutti dei fratelli, anche chi non ha giocato ha dato il suo contributo e nessuno ha messo davanti il proprio io alla squadra. Anche chi lavora dietro le quinte è stato fondamentale. Ad esempio la grigliata dopo le partite ci aiutava tanto. Poi ci stava chi portava il vino, il gelato ecc. Effetto eroe? Diciamo che è durato solo un mese, poi quando scendi in campo con la maglia del club cambia tutto. Ma scherzi a parte in tanti ancora mi ringraziano per l’Europeo, al di là del gol e dei rigori. L’esperienza e le prestazioni sono state importanti per tutti. La dichiarazione sulla pasta asciutta? Ho sempre vissuto le critiche come stimolo e ho vissuto tutta la mia carriera così. E allo stesso modo noi eravamo stati attaccati da altri commentatori di altre Nazioni. E per questo ho reagito in quel modo, mi è uscita in questo modo, tutti dicevano che non avremmo mai vinto l’Europeo. Finché rimane uno sfottò, penso sia divertente. L’importante è non scadere nell’insulto".

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L'impegno con i bambini e la malattia di Matteo

"La cosa più bella che ti può colpire è il sorriso dei bambini. Ho avuto la fortuna di passare tanto tempo con loro e ora voglio fare questo. Regalare loro spensieratezza. Ci sto lavorando con mia moglie che sta portando avanti il progetto “Nettare” per sostenere i bambini che soffrono determinate malattie" - ha detto Bonucci. Poi ha proseguito parlando della malattia del figlio: "Noi abbiamo vissuto questi momenti con mio figlio Matteo e per questo ora noi vogliamo restituire. Abbiamo fatto una raccolta fondi per regalare all’Ospedale di Torino un macchinario e da parte mia voglio impegnarmi. Un vincente lo puoi essere in tante maniere. Oggi si sente dire ai bambini che l’importante è vincere, ma quando vedo mio figlio la prima cosa che gli chiedo è se si è divertito. E oggi si tende a togliere questo ai bambini. Di tempo per pensare a vincere ne avranno tanto in futuro. Quando sei giovane non deve essere un’ossessione il successo, poi quando il calcio diventa un lavoro è un’altra cosa. La scorsa settimana sono stato a un evento benefico con dei bambini e abbiamo visto tutti insieme la partita con l’Albania e vederli felici di stare con me è stato tutto.

Poi ha approfondito il delicato momento della malattia di Matteo: “Era il 2016 ed eravamo in vacanza a Formentera e qualcosa ci ha fatto scattare l’allarme. Stavamo per rientrare per parlare con la società e il giorno dopo mio figlio a colazione si è accasciato vicino un muretto. Siamo andati subito in ospedale e ci hanno detto che Matteo doveva essere subito operato e che la situazione era critica. Con mia moglie abbiamo deciso di farlo subito operare e il giorno dopo la dottoressa ci ha detto che ci stava il rischio che non tornasse più. Ci avevano preparato al peggio. Lui prima di entrare nella sala operatoria mi ha guardato e mi ha fatto il leone e mi sono attaccato a quello. Ora ce l’ho tatuato. Quelle sono state ore infinite e non ricevevamo nessuna notizia. Fortunatamente poi è arrivata una nostra amica dottoressa che si è andata ad informare. Poi ci ha detto che Matteo ce l’aveva fatta ed è stata una piccola vittoria.

Poi non si è fermato tutto con l’operazione, sono stati mesi duri, in cui bisogna star dietro a tutti i controlli. I primi due anni sono stati difficili, per fortuna mia moglie Martina ha un carattere fortissimo e se in un primo momento sono stato io a trasmetterle la forza, poi è stata lei ad essere forte visto anche il mio lavoro. La Juve e il presidente mi hanno dato tutto il tempo. Le prime tre settimane per me il calcio non esisteva più. Abbiamo condiviso tanto e ci siamo legati molto, nonostante non sia stato tutto rose e fiori. La forza che abbiamo avuto ci ha permesso di superare tutto. Matteo è guarito e abbiamo potuto vedere la malattia come una lezione di vita. Se mi ha aiutato durante la mia carriera? Mi ha fatto capire le priorità. Quando mi chiedono come ho fatto a vivere sotto pressione per le critiche sui social mi faccio una risata, pensando che le vere difficoltà sono altre. In quel periodo qualcuno ha augurato la morte a Matteo, a me. In passato ho dato attenzione al giudizio degli altri, poi ho capito che le cose importanti sono altre. Oggi vivere con i miei figli è la cosa più bella che potesse succedermi. E ho sempre detto loro di fargli passare momenti di gioia”.

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I rimpianti alla Juve e un possibile incontro con Allegri

"Se ho qualche rimpianto? Sicuramente l’addio alla Juve e la gestione della “battaglia” contro di loro. Che ora farei in modo diverso" - ha svelato. "Se vorrei parlare con Allegri? Siamo grandi e ci sarà modo, se capiterà ne parleremo. Per me resta una grande cicatrice che fa male, con il tempo si dice che passa tutto, vediamo. Una cosa che ho apprezzato del suo modo di allenare? Il suo modo nel gestire lo spogliatoio che è stato la base per le vittorie raggiunte. In quello è stato molto bravo, ovvio che poi ci sono anche cose che possono piacere o non piacere. Ma nella prima era è stato molto bravo. Poi ha preso parola anche la moglie: “Come ho vissuto l’idea che Leo possa fare l’allenatore? Io ho sempre tanto sofferto la mancanza, non avendo weekend e vacanze. Ora ho pensato “adesso avremo più tempo”. Poi quando è uscita questa idea gli ho detto: “Se vuoi fare l’allenatore chiedo il divorzio”. Poi siccome lui è uno che va allo scontro mi ha risposto: “Va bene, vedi quello che vuoi fare”. Poi ovviamente ho accettato". Bonucci ha precisato: “Avremo molto tempo per le vacanze, questo è un percorso lungo”. Martina ha poi raccontato l’esperienza di Bonucci in Germania: “Per me è stato traumatico all’inizio, poi abbiamo cercato una dimensione parallela. E quando lui tornava non ero più abituato a dormire in due”.

La vita privata e il calcio 

“Come ha inciso la sconfitta in famiglia? Lui è sempre stato bravo a scindere le cose. Solo nell’ultimo periodo abbiamo subito il peso del suo lavoro, però prima abbiamo separato la vita privata dal calcio” - ha detto Martina. Poi Leo ha raccontato come è nato il loro amore: “Come ci siamo conosciuti? Per caso, a Viterbo. Ero tornato lì per salutare degli amici, stiamo insieme dal 2008. All’inizio non c’eravamo neanche notati, poi grazie a una scommessa di mio cugino che aveva fatto con lei ci siamo avvicinati. Il primo appuntamento è stato un disastro. Eravamo andati al mare, ma non è successo tutto quello che volevo. Il giorno dopo infatti ci siamo detti di prendere tempo. Non era scattato nulla”. Poi ha aggiunto: “Abbiamo avuto negli anni momenti di discussione, poi lei è una che va spesso contro il sistema”.

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Il progetto Nettare per aiutare i bambini

Martina ha poi parlato anche del progetto “Nettare”: È vero che è nato dall’esperienza che abbiamo vissuto con Matteo. Ho sempre dato molto importanza ai rapporti e da lì è nata la voglia di rendere indietro quello che abbiamo ricevuto noi. Riguardando anche le foto di tutto quello che era successo, ho messo a fuoco tutto. Matteo era un figlio anche per i nostri amici. Per me è stata molto importante quel tipo di condivisione e ho voluto metterla in pratica. Così è nato “Nettare” e ho pensato a questo progetto come un qualcosa dove raccontare storie di vita, sia bella sia brutta. Io non ho pensato a donare dei soldi, ma a far nascere un modo di beneficenza diversa, attraverso dei percorsi, delle tappe di condivisione. E ho pensato ad investire per realizzare un meccanismo affinché le persone donassero di più. E abbiamo poi dato tutto il raccolto al Regina Margherita".

Bonucci, gli Europei mancati e il tifo per l'Italia

Sugli Europei appena passati: “Nei primi mesi della stagione era un obiettivo a cui tenevo, poi ho capito che con l’arrivo del nuovo ct e il cambio generazionale non ci sarebbe stato posto. Anche perché non ho giocato molto. Ho mandato un in bocca al lupo ai ragazzi sulla chat del 2021 che si chiama “Campioni d’Europa”. Ho sentito Donnarumma prima e dopo la partita dell’Albania, anche Spalletti diverse volte. Quando gioca la Nazionale non conta se ci sei o non ci sei. Se c’è un erede di Bonucci? Penso che ognuno di noi ha le proprie caratteristiche e la propria storia e deve identificarsi in se stesso. I paragoni non mi sono mai piaciuti e non rendono giustizia. I giovani di oggi avranno tanto da fare e migliorare e mi auguro che possano diventare un punto di riferimento per il club e l’Italia. Purtroppo oggi viviamo un periodo di carenza di talento e spero in cambio”. Poi un’ultima battuta: “Come è stato giocare con Del Piero? Il coronamento di un sogno. Ci avevo il poster e poi mi sono ritrovato ad abbracciarlo sotto il diluvio di Modena. Ancora mi emoziona. Di lui mi ha colpito la semplicità, è speciale”.

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"Mi auguro che venga dato a Thiago Motta il tempo di lavorare. Servirà per trasmettere ai giocatori ciò che serve, fare i suoi test del caso. Credo che se si vuole dare un progetto tecnico alla Juve oggi, lui per quanto dimostrato al Bologna è la persona giusta" - ha spiegato Bonucci al BSMT (qui la prima parte dell'intervista). Poi ha proseguito: "Se avevo mai pensato alla possibilità che lui diventasse allenatore? Si, lo avevo già detto nel 2012. In Nazionale parlava poco, ma dalla professionalità e dal lato umano era lampante la grandezza dell’uomo. Dopo la partita con la Spagna nel girone, dove pareggiamo 1-1, entrò nello spogliatoio e fece zittire tutti. A quel punto disse: “Se siamo questi, arriveremo in finale e ce la giocheremo contro di loro”. E in effetti in quell’Europeo arrivammo in finale. Poi vero che arrivammo cotti e non giocammo praticamente, ma da questi aspetti capivi il carisma, il modo di giocare. Anche lui è stato un giocatore grandissimo, fortissimo, sottovalutato. È sempre stato attaccato, dicevano che andava piano. Invece anche di testa andava più forte rispetto a qualsiasi altro. Vedeva il calcio 3 secondi prima degli altri, un po’ com’era Andrea Pirlo. L’intelligenza calcistica ti fa fare quel salto di qualità come singolo e come squadra che è impressionante".

La Juve e l'esperienza con Pirlo e Ronaldo

"Cosa non ha funzionato nell’esperienza da allenatore della Juve con Pirlo? Credo che sia arrivato in un momento particolare. Causa covid avevamo finito la stagione precedente ad agosto, e ci ritrovammo i primi di settembre. Giocavi ogni tre giorni: squadra nuova, idee nuove, lui avrebbe avuto bisogno di tempo per dimostrare. Era anche la sua prima esperienza, lui stesso doveva conoscersi come allenatore. E comunque abbiamo vinto due trofei, che non è scontato: quando giochi per la Juve devi vincere titoli. Che sia campionato, Champions, Europa League, Coppa Italia o Supercoppa devi vincere. Giocavamo comunque un buon calcio… Il presidente fece la sua scelta, ma secondo me l’anno dopo Andrea sarebbe stato ancora più a suo agio. Abbiamo provato ad aiutarlo in ogni modo, e poi quando vinci due trofei è perché tutte le situazioni si incastrano, sennò non vinci. Ora mi auguro che riesca a portare la Samp in Serie A perché così si rilancerebbe come tecnico - ha spiegato Bonucci.

Poi su Ronaldo: "Ti ha dato quell’upgrade a livello di brand internazionale. Alla fine l’arrivo di Cristiano ha avuto una cassa di risonanza mediatica spropositata, che la Juve non aveva avuto prima neanche con i grandissimi e infiniti giocatori come Zidane o Del Piero. Arrivato con umiltà, ha fatto il massimo, purtroppo per una serie di circostanze a coronare il sogno di tutti gli juventini, che poi era il motivo per cui fu preso CR7, ovvero vincere la Champions League. Cosa mi ha colpito di più di lui? Sicuramente la costanza e la perseveranza nell’allenarsi, nel tenersi in forma, nel non mancare un giorno nella routine di allenamento. Si può essere più stanchi a volte, magari preferisci fare massaggio e non allenamento, invece lui era un robot. È da ammirare: fare tutti i giorni questi per 20 anni e ancora oggi Se metteva becco su cosa accadeva in difesa? Si, ci capitava. Essendo un attaccante, e per di più avendo giocato al Real Madrid e avendo vinto tanto, ci capitava di discutere, di parlare, di confrontarci ma come è normale che sia. Io spesso dicevo a lui che ci doveva dare una mano in fase difensiva, e lui rispondeva che noi dovevamo aiutarlo in un’altra circostanza in attacco. Poi si trovava la soluzione per tutto".

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