Thiago Motta a lezione di juventinità
Il JMuseum, d’altronde, serve proprio a capire cosa sia la Juventus, cosa sia per i suoi tifosi e cosa rappresenti agli occhi del mondo. Una lezione di juventinità nella quale si immergono tutti: dai tifosi ai giocatori o gli allenatori, quando sbarcano nella Torino bianconera. È un corso accelerato che, negli ultimi dieci anni, è spesso servito per velocizzare lo sviluppo di un senso di appartenenza, ma anche per chiarire, senza possibilità di fraintendimenti, in che tipo di club si è finiti. È un memento fatto di bacheche, cimeli e coppe, che in ogni angolo parla di vittorie, narra di leggende, racconta grandi imprese.
L'importanza della Storia
E non è solo retorica, perché comprendere l’importanza della maglia che si veste è il primo passo che ogni giocatore e ogni allenatore. Antonio Conte sbraitò nello spogliatoio di Bardonecchia una frase, ormai entrata nell’epica bianconera ("È ora di finirla di fare schifo"), per ricordare a tutti che i due settimi posti precedenti non erano risultati degni del club che rappresentavano. E tutti i giocatori che vinsero il primo dei nove scudetti consecutivi, dissero che la svolta psicologica fu la festa di inaugurazione dello Stadium, l’8 settembre 2011, quando tra leggende e trofei che sfilavano in campo e il contorno di un impianto vibrante, avevano capito di essere parte di qualcosa di molto grande. La componente psicologica, nel calcio di oggi, conta moltissimo e la visita al JMuseum di Thiago Motta insieme a tutto il suo staff non è un atto dovuto, ma un passaggio importante della nascita della nuova Juventus, a cui Motta dovrà inculcare una mentalità in sintonia con quella che trasmettono quelle stanze. Poi, ovvio, non basta quello e la storia non fa gol, ma se studiata bene, forse, qualche assist lo può anche fornire.
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