Corsa scudetto, la Juve c’è. E meno male che non ha ceduto Vlahovic

La vittoria sulla Lazio porta la doppia firma di Dusan (4 gol in 4 partite) e l'acuto di Chiesa. E pensare che, per settimane, il serbo era stato sul punto di essere scambiato con Lukaku
Corsa scudetto, la Juve c’è. E meno male che non ha ceduto Vlahovic© /Agenzia Aldo Liverani Sas

Se un indizio è un indizio, due indizi sono due indizi e tre indizi sono una prova, figuratevi quattro. La vittoria sulla Lazio l'ha detto chiaro: nella corsa scudetto la Juve c'è, eccome. Il 3-1 ai biancocelesti porta in calce la doppia firma di Vlahovic e l'acuto di Chiesa: insieme, i due hanno realizzato 7 dei 9 gol segnati finora dai bianconeri, mentre il nazionale serbo viaggia alla media dell'ultimo semestre d'oro fiorentino: 4 reti in 4 partite, cioè uno a partita. Sembra passato un anno, invece, era soltanto l'altro ieri. Prima del blitz di Friedkin a Londra che sul filo di lana portò Lukaku alla Roma, vi ricordate per quante settimane Vlahovic era stato sul punto di essere scambiato con il belga? L'accordo con il Chelsea saltò perché, secondo gli inglesi, 50 milioni di conguaglio a favore dei bianconeri erano troppi. Tanto meglio per Allegri: ora si gode la miglior partenza stagionale da quando è tornato a Torino, il 3-5-2 che funziona, McKennie esterno di centrocampo che fa staffetta con Weah, a differenza di quanto accade nella Nazionale Usa dove il primo fa la mezzala e il secondo l'ala; 10 punti in 4 gare e la sensazione che, finalmente, il gioco sia cambiato in meglio.

La prestazione della quarta giornata è stata la migliore dall'inizio del torneo: per aggressività, rapidità di esecuzione, intensità agonistica, quei 45 minuti hanno ricalcato il copione del primo tempo di Udinese, migliorandolo sensibilmente. Vlahovic ha segnato due gol, l'uno più bello dell'altro; fra il primo e il terzo, Chiesa ha apposto il suo autografo d'autore, premiando la lungimiranza di Spalletti che, per non correre rischi inutili, alla vigilia della Macedoniaaveva rimandato a casa il campione d'Europa, al primo dolore da lui accusato. Il valore assoluto di Vlahovic non poteva essere messo in discussione dall'ultima annata: Dusan l'aveva vissuta in altalena, sia perché il non gioco di Allegri raramente gli aveva assicurato i rifornimenti di cui necessitava (e, comunque, 14 gol in 42 gare li aveva segnati) sia perché la pubalgia non gli aveva dato tregua. Questo, si sa, è il più infido invisibile  nemico invisibile di un calciatore.

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E la Lazio? La Lazio ha avuto il merito di non deprimersi sul 2-0, illuminata da quel grande solista che risponde al nome di Luis Alberto, difesa dallo stato di grazia di Provedel, incolpevole sulle reti subite e autore di almeno tre parate eccellenti. Tuttavia, rispetto al colpo di Napoli, la squadra di Sarri ha fatto un passo indietro: sorpresa dal furore bianconero dell'abbrivio, fulminata dall'uno due Vlahovic-Chiesa piazzato in quei sedici minuti del primo tempo. La Lazio ha reagito sì, ma il bis di Vlahovic l'ha stesa. Kamada è l'altra nota positiva di un collettivo ancora in rodaggio, anche se quando Immobile viene tagliato fuori dalla manovra, tutto diventa maledettamente più complicato.

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