Non ci sono i buoni e i cattivi in questa storia. Soffiando via il fumo di una certa narrativa rosea, c’è poco arrosto e resta una questione di professionisti e scelte. La Juventus divorzia da Leonardo Bonucci in modo brusco per uno che ha sfondato il tetto delle cinquecento presenze in maglia bianconera, ma non sempre i numeri misurano il mito e le statistiche sono solo l’impalcatura intorno alla quale si edifica il rapporto.
Quello fra la Juventus e Bonucci, per esempio, non era già particolarmente granitico quando si è incrinato in modo profondo con il passaggio al Milan del 2017 che ha incluso porte sbattute, sbruffonate su equilibri da spostare, esultanze in faccia ai suoi ex tifosi dopo un gol allo Stadium. Il tutto per poi tornare a capo chino, ma non troppo chino, perché sempre un po’ ossessionato dalla smania per la fascia di capitano. I segni di quella vicenda hanno graffiato i sentimenti di una parte dei tifosi, che certi comportamenti li metabolizzano meno facilmente. Bonucci, tuttavia, non paga la diffidenza di quella parte di pubblico che, anzi, nella separazione dalla Juventus pesa infinitamente meno degli attriti con Massimiliano Allegri, che si conferma l’uomo più forte in questa fase storica del club e che, insieme a Cristiano Giuntoli, sta tracciando il nuovo corso con pugno duro.