TORINO - Le scorie della disfatta di Monza si faranno sentire per giorni, ma almeno la sosta per le Nazionali servirà a ritemprare gli elementi più attesi. Sono due i “casi” della Juventus in questo momento: uno è Dusan Vlahovic.
L’accusa
Il fatto che non segni dal 31 agosto (match con lo Spezia) è un dato oggettivo, dunque inconfutabile: per un attaccante non trovare la via del gol è un problema, figuriamoci per un bomber abituato a viaggiare a ritmi elevatissimi. Vlahovic sente la pressione e per un ragazzo classe 2000 (giova ricordarlo) è un peso non semplice da sostenere e gestire, per quanto si tratti di un calciatore maturo e già con una certa esperienza. Ma le prestazioni del mese di settembre hanno evidenziato una difficoltà sistematica del serbo a prendere in mano le sorti della squadra. Vero, i palloni arrivano a corrente alternata, tuttavia Vlahovic aveva in passato dimostrato di saperne concretizzare anche quei pochi giocabili, con doti di attaccante di razza. Ultimamente la porta si è rimpicciolita per l’attaccante bianconero, spesso murato dalle difese avversarie e disinnescato senza troppe difficoltà: i rivali lo “leggono”, lui di frequente si innervosisce e non riesce a incidere come vorrebbe. E i voti in pagella sono impietosi: nelle ultime tre partite la media è di 4,6 (due 4 nelle sconfitte con Benfica e Monza più un 6 con la Salernitana).
La difesa
Per rendere al meglio Vlahovic ha bisogno di una certa serenità attorno, di essere rassicurato, per non dire coccolato: certo, parliamo di professionisti profumatamente pagati, quindi via ogni tipo di giustificazione o alibi, ma la gestione psicologica di un attaccante del genere è un aspetto fondamentale che finora è mancato. Il serbo inoltre è un patrimonio della società, la quale ha investito per il cartellino una ottantina di milioni (70 più 10 di bonus), oltre a un ingaggio da top player.