Pagina 2 | Ronaldo e Juve, le verità

Non si può discutere l’apporto tecnico di Cristiano Ronaldo nei suoi tre anni alla Juventus. Chi azzardasse qualsiasi ragionamento per sminuirne la portata sarebbe colpito dal violento ceffone statistico che recita 101 gol in 134 partite; dovrebbe fare i conti con due scudetti vinti anche e forse soprattutto grazie a quelle reti; avrebbe non poche difficoltà a oscurare i lampi di classe che hanno divertito ed esaltato il popolo juventino dal 2018 al 2021. Tutto questo ha avuto un costo economico. Sicuramente pesante, secondo alcune analisi esagerato, secondo altre più congruo. Ma quello che sta emergendo nella Juventus dei primi due mesi del dopo CR7 è il “costo umano”, ovvero l’impatto del fenomeno portoghese sul gruppo che, quando è sbarcato a Torino, aveva compiuto la mirabile impresa di aver vinto sette scudetti consecutivi, quattro Coppe Italia e disputato due finali di Champions League (oltre a qualche sparpagliata impresa europea). E’ stato un costo notevole, forse addirittura più gravoso di quello finanzario, che non è stato esattamente uno scherzo.

Negli ultimi giorni si sono ascoltate riflessioni a voce alta di Leonardo Bonucci prima e di Giorgio Chiellini dopo. Due senatori, due padri del ciclo e depositari dei valori del gruppo, quindi forse le voci più autorevoli per capire cosa è successo nelle tre stagioni ronaldesche. Ha detto Leonardo Bonucci: «Giochiamo più da squadra? È assolutamente vero. Nel recente passato avevamo perso questa caratteristica da Juve, giocavamo con un grande campione come Ronaldo e volevamo metterlo in condizione di fare sempre bene pensando potesse risolvere lui tutte le partite. Quest’anno stiamo ritrovando quell’umiltà giusta che serve per ritrovare la vittoria». Ha detto Chiellini: «Cristiano aveva bisogno di nuovi stimoli e di una squadra che, com’è giusto, giocasse per lui, perché quando trova una squadra del genere è sempre decisivo, lo sta dimostrando anche in questi primi mesi e non mi sorprende, perché lo ha dimostrato in tutti gli anni della sua carriera e anche nei tre anni in cui è stato insieme a noi». E’ importante notare come da parte di entrambi ci sia riconoscenza e rispetto del talento di CR7, ma entrambi sottolineano come Ronaldo catalizzasse il gioco, i passaggi e l’attenzione. E nella Juventus, in quella Juventus costruita sull’umiltà e l’unità del gruppo, questo porta ad alterare gli equilibri. Quelli psicologi e disciplinari prima ancora che quelli tattici.

 

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La Juventus aveva avuto grandi attaccanti nel corso dei dieci anni del ciclo ( Tevez , Mandzukic , Higuain ...) e grandi campioni in ogni ruolo ( Pirlo , Pogba , Vidal , Dani Alves , Khedira ), ma tutti si erano adattati alla sacra legge del gruppo. Un gruppo che, per esempio, quando si trattatava di difendere si comportava come un branco, tutti per uno e uno per tutti, pronti a scambiarsi ruoli e compiti in nome della vittoria da portare a casa. Nella Juventus, per esempio, non ci si lamentava (platealmente) per un passaggio fuori misura, ma si incoraggiava chi aveva sbagliato. Insomma, Ronaldo non ha mai fatto parte del branco, neanche come capo. Ronaldo non ha mai partecipato alla fase difensiva.

Ora, prescindendo da qualsiasi ragionamento sull’opportunità o meno di coinvolgere CR7 in fase difensiva, l’effetto che ha avuto questa mancata partecipazione è lo sgretolamento della legge delle tre U che aveva cementato la Juventus fin lì: uguaglianza, umiltà e unità. Nel corso dei tre anni, questo effetto ha incrinato la disciplina dello spogliatoio, dove se la legge “non” è uguale per tutti, si aprono delle crepe pericolose (quelle che Allegri nei primi mesi di lavoro ha iniziato a stuccare) e come naturale riflesso sul campo ha fiaccatto la compattezza della squadra, dipendente dai suoi, per fortuna tanti, gol, ma anche più fragile e con dei momenti di incomprensibile deconcetrazione. Ma quindi Ronaldo e la Juventus erano incompatibili? No. Non si può sostenere che uno dei giocatori più forti della storia del calcio sia “incompatibile”, anche e soprattutto perché dei risultati sono stati ottenuti. Ma è altrettanto indiscutibile che i valori della Juventus, di questa Juventus, sono stati messi in crisi dal primadonneggiare di Ronaldo. E forse l’aveva capito anche Ronaldo stesso che, come dice Chiellini, «cercava altri stimoli». La sensazione, adesso, è che nessuno abbia rimpianti. Nessun rimpianto: quello di averlo portato a Torino e quello di averlo lasciato andare via.

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La Juventus aveva avuto grandi attaccanti nel corso dei dieci anni del ciclo ( Tevez , Mandzukic , Higuain ...) e grandi campioni in ogni ruolo ( Pirlo , Pogba , Vidal , Dani Alves , Khedira ), ma tutti si erano adattati alla sacra legge del gruppo. Un gruppo che, per esempio, quando si trattatava di difendere si comportava come un branco, tutti per uno e uno per tutti, pronti a scambiarsi ruoli e compiti in nome della vittoria da portare a casa. Nella Juventus, per esempio, non ci si lamentava (platealmente) per un passaggio fuori misura, ma si incoraggiava chi aveva sbagliato. Insomma, Ronaldo non ha mai fatto parte del branco, neanche come capo. Ronaldo non ha mai partecipato alla fase difensiva.

Ora, prescindendo da qualsiasi ragionamento sull’opportunità o meno di coinvolgere CR7 in fase difensiva, l’effetto che ha avuto questa mancata partecipazione è lo sgretolamento della legge delle tre U che aveva cementato la Juventus fin lì: uguaglianza, umiltà e unità. Nel corso dei tre anni, questo effetto ha incrinato la disciplina dello spogliatoio, dove se la legge “non” è uguale per tutti, si aprono delle crepe pericolose (quelle che Allegri nei primi mesi di lavoro ha iniziato a stuccare) e come naturale riflesso sul campo ha fiaccatto la compattezza della squadra, dipendente dai suoi, per fortuna tanti, gol, ma anche più fragile e con dei momenti di incomprensibile deconcetrazione. Ma quindi Ronaldo e la Juventus erano incompatibili? No. Non si può sostenere che uno dei giocatori più forti della storia del calcio sia “incompatibile”, anche e soprattutto perché dei risultati sono stati ottenuti. Ma è altrettanto indiscutibile che i valori della Juventus, di questa Juventus, sono stati messi in crisi dal primadonneggiare di Ronaldo. E forse l’aveva capito anche Ronaldo stesso che, come dice Chiellini, «cercava altri stimoli». La sensazione, adesso, è che nessuno abbia rimpianti. Nessun rimpianto: quello di averlo portato a Torino e quello di averlo lasciato andare via.

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