Pirlo, esperienza contro carisma

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Andrea Pirlo non ha mai allenato. E si è anche seduto pochino di fianco ai suoi allenatori durante la sua carriera, non esattamente da panchinaro. Certo, ha studiato a Coverciano (si diplomerà a settembre), dove dicono sia stato un discreto secchione, ma resta il nodo dell'esperienza. Quanto rischia la Juventus nell'affidare la squadra a un allenatore che inizia da zero con una delle squadre più importanti del mondo? Un po', ma non molto di più di quanto sia stato rischiato in passato con altri allenatori che avevano preso la Juventus con maggiore esperienza alle spalle. Perché se l'esperienza è certamente un fattore, uno degli elementi che possono incidere sui risultati, bisogna anche tenere presente che non è necessariamente il più importante e che, sì, influisce, ma anche in modo negativo.

Per non andare troppo indietro, prendete Luigi Delneri, discreto allenatore, professionista applicato, ma del tutto inadatto a guidare una grande squadra. La sua lunga esperienza in provincia lo ha certamente condizionato sia quando ha guidato la Roma che quando ha condotto la Juventus in una delle stagioni più disastrose della storia del club. C'erano altri problemi e altri fattori che hanno reso tale quell'annata, ma l'esperienza che portava Delneri era legata ad ambienti diversi, con aspettative inferiori, problematiche comunicative meno complesse, personalità di spogliatoio più gestibili.

In fondo anche la recentissima vicenda Sarri, uno che prima di allenare la Juventus era comunque passato da Napoli e dal Chelsea, ha messo in luce come l'esperienza sia una fattore relativo, perché anche il sessantenne Sarri, con una vita in panchina alle spalle, ha dovuto imparare cos'è la Juventus e, forse, proprio non esserci riuscito fino in fondo gli è costato il posto. Pirlo da questo punto di vista parte avvantaggiato. Ha frequentato la Juventus per quattro stagioni e uno dei Milan più grandi sempre per un decennio, conosce le spigolose dinamiche di uno spogliatoio dove convivono personalità forti, interessi personali altissimi, nazionalità disparate. Questo non significa anche saperle gestire, ma di certo parte avvantaggiato rispetto a chi le deve ancora scoprire. E poi Pirlo, con la sua storia, non dovrà spendere molta fatica per conquistarsi il rispetto, il suo carisma è una questione caratteriale, ma nasce dalle straordinarie capacità che ha mostrato in campo. I giocatori si misurano soprattutto lì e la carriera di Pirlo dà certamente peso a qualsiasi ordine che lui dovrà impartire. 

«Sì, ma non ha mai allenato, non ha mai affrontato i problemi di un allenatore, non hai convissuto con la complessità del ruolo», insistono gli scettici. E hanno perfettamente ragione. Tutti coloro che si sono seduti su una panchina dopo una carriera da calciatore hanno raccontato dello stress decuplicato, di una serie di aspetti del mestiere che avevano sottovalutato o ignoravano del tutto, del numero esorbitante di decisioni da prendere ogni singolo giorno di lavoro. Non sappiamo se Pirlo reggerà quest'impatto, ma sotto questo aspetto, iniziare con la Juventus è meglio che partire dalla provincia e dalle serie minori. La solidissima organizzazione societaria, le strutture all'avanguardia, il potersi appoggiare a grandi professionisti per qualsiasi esigenza facilitano la vita dell'allenatore.

Per fare un esempio: Ciro Ferrara, il cui fantasma viene evocato come minaccioso precedente di giocatore passato subito sulla panchina della Juventus schiantandosi, aveva alle spalle una società molto diversa, decisamente meno solida, sicuramente più disorganizzata. Resta, quindi, il fattore stress, che in club come la Juventus è più alto che altrove, ma la capacità di assorbirlo dipendono dalla personalità e dal carattere dell'individuo: Pirlo non sembra esattamente uno fragile, anche se dovremo misurarlo nel nuovo ruolo.

Il passato della Juventus, d'altronde, è lì a raccontare di allenatori inventati dal club. Giovanni Trapattoni venne scelto, nell'estate del 1976, da Giampiero Boniperti: alle spalle aveva un anno ad allenare le giovanili del Milan e due e mezzo da vice di Nereo Rocco. Seduto sulla panchina della Juventus ci rimase per un decennio (più i tre anni dal '91 al '94) in cui vinse tutto. Antonio Conte portava in dote due ottime stagioni in B con Bari e Siena, ma anche una travagliata stagione all'Arezzo (con esonero e richiamo) e una fugace e controversa apparizione all'Atalanta. Arrivato alla Juventus ha fatto scoccare la scintilla del ciclo. Nessuno dei due, al netto di una manciata di esperienza in più, offriva alla Juventus garanzie superiori a quelle che oggi offre Pirlo.

La scelta di Pirlo, insomma, comporta dei rischi, ma come qualsiasi altra scelta di allenatore compiuta in passato. Innestare un nuovo tecnico in uno spogliatoio può sempre portare a un rigetto, indipendentemente dalla sua storia e dalle sue capacità. E se il Pirlo allenatore lascia aperta la porta all'incertezza su alcuni aspetti del suo nuovo ruolo (capacità organizzative dello staff, abilità tattica, fermezza nel prendere decisioni sotto stress), offre garanzie rassicuranti su altri (conoscenza dell'ambiente, delle situazioni, dei giocatori e del calcio di alto livello). E' una scommessa, quindi,  e come tale può anche essere persa. Ma non è una scommessa molto più rischiosa di quanto potesse essere qualsiasi altro allenatore. 

PS. La costruzione dello staff di Pirlo, che si sta completando in questi giorni, è indicativa di come lui stesso sia consapevole che un tecnico del terzo millennio allena prima di tutto la squadra dei suoi collaboratori. E così si è scelto un fuoriclasse come Bertelli per la preparazione atletica e non ha timore a portarsi dentro il carisma ingombrante di Igor Tudor per coordinare il lavoro della fase difensiva.

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