TORINO - L’antipatia (ci scuserà il signor Nainggolan ma la parola “odio” ci pare eccessiva parlando di calcio) nei confronti della Juventus è una questione profondamente italiana, perché solo da noi il successo è un problema. Il più umano dei sentimenti, l’invidia, e un’atavica abitudine alla sconfitta hanno reso l’italiano medio, generalmente sospettoso nei confronti di chi ha successo e, soprattutto, lo mantiene. Perché una vittoria, la prima, viene quasi sempre applaudita. La seconda viene tollerata. La terza fa scattare l’antipatia. E i sospetti. E le congetture. E le dietrologie. E le spiegazioni, che spesso suonano come giustificazioni delle proprie sconfitte o, quanto meno, delle proprie non vittorie.
La Juventus è arrivata al quinto scudetto consecutivo e sta per mettere le mani sul sesto, battendo ogni record precedente. Quindi anche quello dello stare sulle balle a chi da un lustro sta a guardare e, granprobabilmente, a rodere: perché non è facile in assoluto, ma da noi è ancora più difficile sopportare la superiorità altrui e rispettare l’eccellenza. E, attenzione, tutto questo mica lo ha scoperto la Juventus di Allegri: è roba vecchia di cinquant’anni, quando Enzo Ferrari sintetizzò in modo sublime: «In Italia ti perdonano tutto, tranne il successo». E il Drake di successo se ne intendeva un pochino.