Inter, ossessione 2ª stella: per Inzaghi le pressioni il nemico più grosso

Ogni risultato negativo vissuto come una disfatta dall’ambiente. E il tecnico dei nerazzurri finisce sempre nel tritacarne
Inter, ossessione 2ª stella: per Inzaghi le pressioni il nemico più grosso© FOTO PAOLO GIAMPIETRI-AG ALDO LI

MILANO - Simone Inzaghi ha sette punti in più rispetto allo scorso anno (19 contro 12), nonostante l’Inter, nelle prime otto giornate di campionato, abbia affrontato 5 squadre tra le prime 10 in classifica, contro le 2 del Milan. A corredo ha vinto lo scontro diretto 5-1 e, in Champions - perché pure quella pesa - è ancora imbattuto (l’anno passato era arrivato per i nerazzurri subito il ko a San Siro con il Bayern). Nonostante tutti i “parametri vitali” diano segnali di buona salute, ogni qual volta l’Inter non vince una partita, intorno alla squadra si alza un clima da psicodramma, quasi che vincere lo scudetto della stella sia un obbligo, non un obiettivo.

In questo contesto, nel tritacarne finisce sempre l’allenatore che, a seconda delle occasioni, sbaglia perché schiera tutti i titolari oppure perché fa turnover e sbaglia pure perché - come accaduto nel secondo tempo con il Bologna - non mette il tridente per provare a segnare il terzo gol (anche a rischio di consegnare il centrocampo agli avversari, che non aspettavano altro).  Secondo il pensiero unico nerazzurro - sempre lì si va a parare - con Antonio Conte in questi anni si sarebbe fatta una bella scorpacciata di scudetti. Peccato che l’ex ct, una volta venuto a conoscenza dei piani di Suning in merito all’autofinanziamento, sia scappato a gambe levate, lasciando Marotta e Ausilio con il cerino in mano.

L'obiettivo è la seconda stella

Inzaghi sa bene che l’obiettivo stagionale è il campionato e per questo nelle due partite “trappola” con Sassuolo e Bologna ha messo in campo tutti i titolarissimi. I quali hanno partorito la miseria di un punticino, segno di come la rosa sia sì altamente competitiva, però non a tal punto da cannibalizzare il campionato come accadeva ai tempi dell’ultima grande Juve, tanto per fare un esempio. Con Sassuolo e Bologna, se l’Inter non ha vinto, è perché Sommer ha regalato l’1-1 a Bajrami prendendo gol sul proprio palo e perché - è storia recente - Lautaro Martinez, con l’Inter in totale controllo, ha regalato un rigore ai rossoblù. Pesa poi nell’economia di questa fase della stagione l’infortunio di Arnautovic anche perché questo si somma al declinante Sanchez visto finora a Milano. Dietro alla “Thula”, c’è poco e, in assenza pure di Cuadrado (acquistato su indicazione di Inzaghi perché mancava “un apriscatole” da giocarsi in determinati tipi di partite), le scelte si sono ridotte all’alternanza degli esterni e all’ingresso - quando è stato bene - di Frattesi. Inzaghi non è Guardiola, ma un allenatore con un gioco molto codificato che ha dato ottimi risultati nelle gare da dentro o fuori e pure nei big match. Per le grandi corse a tappe si sta attrezzando. E quest’anno sta viaggiando a un ritmo da scudetto.

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