Atalanta, più Dea di sempre: lo Scudetto ora è possibile

La squadra di Gasperini è l'unica a non aver cambiato allenatore oltre all'Inter: la continuità, oltre all'arrivo di Zaniolo, impone di puntare al titolo

Nelle ultime settimane, persino i più arcidi e sfegatati detrattori del calcio gasperiniano si sono trovati di fronte a una resa incondizionata. Hanno alzato bandiera bianca. Sì, perché quel dettaglio a cui si sono sempre appellati nel criticare il modello Atalanta - “i nerazzurri giocano bene ma non sollevano trofei” - ora con la vittoria dell’Europa League è venuto meno. Evidentemente, non bastavano le qualificazioni in Champions, né tantomeno gli ottimi campionati giocati, o le tre finali di Coppa Italia raggiunte. Non bastava un decennio di bilanci in attivo, di calciatori esplosi e venduti a prezzo d’oro dopo essere cresciuti nelle praterie di Zingonia… Il successo in Italia per molti si misura come dal verduriere: in grammi, quelli dei trofei che a giugno vanno a popolare gli scaffali del palmarès. La verità è che la stagione della Dea sarebbe stata straordinaria anche senza il successo in finale contro il Leverkusen. Ha lottato in campionato, è arrivata in fondo in Coppa Italia per poi vestirsi da pugile nella notte di Dublino, quella in cui ha deciso di dare il ko tecnico a una squadra che in stagione non aveva perso nemmeno una volta. Da qui la domanda: siamo di fronte alla miglior Atalanta di sempre? Ma soprattutto, che ambizioni può coltivare questo gruppo in vista della prossima stagione?

La migliore di sempre?

Quanto alla prima, il paragone più calzante prevederebbe un confronto ruolo per ruolo con la Dea della prima storica partecipazione in Champions League, quella del 2019/20. Guardandole giocare, l’impressione è che quella squadra lì - quantomeno sul piano tecnico - avesse più qualità, più acuti. Un’orchestra di fuoriclasse, di redivivi revitalizzati dalla cura Gasperini - vedi Ilicic, Muriel e lo stesso Papu - o di giovani in rampa di lancio (Gollini, Caldara, Pessina). Tanti gli assoli, ma altrettanti i cali di concentrazione, veri e propri blackout pagati cari, come l’eliminazione con il Psg, capace di segnare due gol in 10 minuti al termine di un match giocato alla grandissima dalla Dea. Questa Atalanta è bella sì, ma pare più concreta, più matura, più intelligente. In poche parole, più squadra. Meno individualità, meno lampi, ma giocatori calati a 360 gradi nello spartito disegnato dal Gasp.
Anche qui il merito dell’exploit “tardivo” di Scamacca e De Ketelaere è in gran parte suo. Dopo i flop dell’anno scorso con Milan e West-Ham, a Bergamo entrambi sono diventati luce. Koopmeiners ha completato un percorso di maturazione già avviato nella passata stagione, ed è diventato a tutti gli effetti il cervello della Dea. Ederson non ha fatto rimpiangere il miglior Freuler, portando corsa, qualità e sacrificio. Hien si è rivelato affidabile, così come Ruggeri e l’evergreen Zappacosta. Senza dimenticare Bilal Touré, che dall’anno prossimo - si spera - dovrebbe essere a disposizione fin da subito. Un gruppo forte, insomma, le cui ambizioni dipenderanno da cosa deciderà di fare la società sul mercato da qui a settembre. Gli impegni l’anno prossimo saranno molti di più, motivo per cui la rosa andrà arricchita, specie a centrocampo se Koopmeiners dovesse effettivamente dire addio. Nel frattempo, è arrivato Nicolò Zaniolo, l’ennesimo talento inespresso in cerca di un padre calcistico che possa affinarne le qualità, e smussarne gli angoli più appuntiti. Missione che Gasperini - visti i gloriosi precedenti - probabilmente riuscirà a portare a termine senza troppi problemi. Non sarebbe una grande vittoria solo per l’Atalanta, ma per tutto il calcio italiano, reduce dalla deludente e a tratti rassegnante spedizione degli azzurri nell’Europeo di Germania.

Miglioramenti

Ma soprattutto, la rosa andrà migliorata perché nella prossima stagione - un po’ come avviene nelle contorte pellicole di Christopher Nolan - una concatenazione di eventi porrà la Dea di fronte a uno scenario decisivo, irripetibile. Una finestra temporale in grado di dare un senso di eternità a un viaggio fin qui bellissimo. Juventus, Milan, Roma, Lazio, Napoli e Fiorentina hanno cambiato allenatore. Tutte e sei si preparano a quella che potrebbe rivelarsi una fase transitoria, di assestamento, in cui verranno costruiti i presupposti per tornare a vincere. Sia chiaro, se l’Inter di Inzaghi farà l’Inter - l’unica fra le big insieme all’Atalanta a poter contare su una continuità tecnica in panchina - è difficile pensare che una delle pretendenti possa riuscire a scucirle lo scudetto di dosso. Ma il calcio, si sa, è materia irrazionale, e ne abbiamo avuto prova negli ultimi 5 anni, in cui nessuna delle vincitrici uscenti è riuscita a ripetersi e ad aprire un vero e proprio ciclo.
Con la nuova formula di Champions, Mondiale per club e Supercoppa Italiana, i passi falsi in campionato delle big non tarderanno a palesarsi. Starà allora alla Dea - che fra l’altro giocherà 2 di queste competizioni - provare ad approfittarne, conscia ormai di non potersi più permettere il vestito da “outsider”. Con questo allenatore, questa rosa e questa società, puntare allo scudetto, o quantomeno provarci, più che un sogno pare ormai un dovere irrinunciabile.

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