Rovesciate, macarena, il no al Milan: Luiso, lo ricordate il Toro di Sora?

L'ex bomber di provincia della Serie A si racconta: "La Roma prese Bartelt al mio posto dopo il mio no..."
Rovesciate, macarena, il no al Milan: Luiso, lo ricordate il Toro di Sora?© Liverani

L'esordio in A col Torino, la rovesciata in Piacenza-Milan e l'amarezza per quello gol a Stamford Bridge che non permise comunque al Vicenza di superare il Chelsea di Zola e Vialli in semifinale di Coppa delle Coppe: Pasquale Luiso è stato tutto questo, ma non solo. Una carriera esnutsiasmante quella del 'Toro di Sora', questo il suo celebre soprannome, che ora guarda da fuori il nuovo calcio nel quale sta provando la carriera da allenatore e si racconta a Fanpage: "Io faccio l'allenatore ma, al momento, sono fermo. Lo scorso anno sono stato chiamato a Chieti e sono riuscito a salvare la squadra che non viveva un momento facile. Sono stato chiamato a marzo e poi siamo arrivati a tre punti dai play-off. Poi è cambiata la società ed è cambiato il progetto tecnico. Adesso sono in attesa, vediamo cosa succede. Mi piace molto allenare e l'adrenalina che ti dà. Sono partito con le giovanili di Juve Stabia e Vicenza. È da una decina d'anni che sono in panchina".

"I bomber di provincia non sono più come una volta"

I giovani di oggi sono diversi da quelli del passato, anche nel mondo del calcio: "Io sono d'accordo su queste critiche. Molti ragazzi non sono applicati e predisposti al lavoro. Poi c'è il talento che arriva perché è qualcosa di differente. Tanti, però, non hanno la cultura del lavoro o la voglia di rinunciare anche a piccole cose subito per avere un ritorno in futuro. Parliamo spesso dei ragazzi di altre nazioni ma, a mio parere, la più grande differenza credo sia soprattutto la voglia di applicarsi e di voler arrivare unita ad una grande passione. Anche da noi ci sono i talenti ma è la ‘fame' a fare la differenza". Luiso è stato uno dei cosidetti bomber di provincia, etichetta che nel tempo è cambiata per molti attaccanti: "Secondo me esistono ancora, ma non sono più come una volta. Credo che siano molto più presenti nei campionati minori, Serie C o tornei regionali, rispetto a quando giocavo io ma ci sono. Sono molto più giovani di noi, della mia generazione, ma fanno dei percorsi diversi perché crescono nei settori giovanili e vengono mandati in prestito per fare esperienza".

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Luiso, la rovesciata e la macarena

La consacrazione in A di Luiso arriva con la maglia del Piacenza e la rovesciata al Milan: "Fu un'annata molto bella, conclusa con lo spareggio per non retrocedere col Cagliari. C'era Di Francesco, Piovani, Valtolina… una squadra fatta di calciatori che avevano voglia di mettersi in mostra e di fare bene. Il gol al Milan mi fece conoscere al grande pubblico. Aver lasciato il segno con quel gesto è una cosa che mi ha fatto piacere all'epoca e alcuni ancora me lo ricordano quando mi incontrano per strada. Macarena dopo i gol? In realtà non c'è un motivo preciso. Giocavamo in casa contro la Reggiana, che è un derby sentito, e Piovani prima di andare al campo venne nella mia stanza, che dividevo col capitano Lucci, disse che dovevamo fare questo balletto mostrandoci i passi. Segnai proprio io e davanti alla bandierina ci esibimmo. La facemmo quella volta e poche altre. All'epoca c'era molto rispetto per le tifoserie avversarie".

La Coppa delle Coppe e quel no al Milan

Dopo Piacenza l'esperienza a Vicenza con il sogno Coppa delle Coppe sfumato in semifinale: "Io mi aspettavo un salto diverso per la mia carriera quell'anno ma, nonostante alcune proposte interessanti, decisi di accettare Vicenza perché non volevo fare la panchina in una big. Guidolin mi voleva fortemente e scelsi di andare in Veneto. Quel percorso europeo fu bellissimo e lo ricordo davvero con grande piacere". Prima dell'arrivo a Piacenza, tante le bg interessate al Toro di Sora: "Milan, Lazio e Roma avevano mostrato interesse e io ebbi anche qualche discussione con il mio procuratore dopo aver deciso di andare a Vicenza. Galliani fece una chiacchierata col mio agente ma io gli dissi che non sarei andato al Milan a fare la quarta punta, senza vedere mai il campo. Con la Roma lo stesso, e poi presero Gustavo Bartelt. Il mio sogno è sempre stato quello di andare a Napoli ma non ci sono riuscito. È l'unico rimpianto. Se avessi fatto parte della scuderia di Moggi forse ci sarei riuscito ma non è una critica verso il direttore, anzi. Ad esempio, Caccia, Amoruso e Bellucci facevano parte di quel gruppo e riuscirono a vestire la maglia del Napoli". E proprio sul soprannome chiarisce: "Io arrivai al Torino dal Sora e associarono il simbolo del club granata con la mia squadra di provenienza".

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"Oggi farei gol con la sigaretta in bocca"

E sul ruolo dell'attaccante in Serie A, su quello dei suoi tempi e quello attuale: "Io e gli attaccanti della mia generazione oggi faremmo gol con la sigaretta in bocca. Basterebbe nominare i difensore che c'erano allora in campionato e quelli che ci sono oggi, il modo in cui si marca oggi e come venivano ‘tenuti d'occhio' allora. Gente come Maldini, Couto, Baresi, Costacurta, Montero, Ferrara e potrei dirne altri: tutta gente tranquilla quando entravi in area di rigore", dice ridendo. Infine il grande dubbio su una storica frase attribuitagli: "Se mi crossassero una lavatrice, colpirei di testa lo stesso. Forse l'ho detta e non la ricordo. Onestamente direi una bugia, in un caso o nell'altro. Adesso che ci penso forse ho ripetuto la battuta di un mio allenatore ‘Puoi buttare pure una lavatrice in area, tanto Luiso ci va lo stesso'. Era una battuta più che un'affermazione in realtà".

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L'esordio in A col Torino, la rovesciata in Piacenza-Milan e l'amarezza per quello gol a Stamford Bridge che non permise comunque al Vicenza di superare il Chelsea di Zola e Vialli in semifinale di Coppa delle Coppe: Pasquale Luiso è stato tutto questo, ma non solo. Una carriera esnutsiasmante quella del 'Toro di Sora', questo il suo celebre soprannome, che ora guarda da fuori il nuovo calcio nel quale sta provando la carriera da allenatore e si racconta a Fanpage: "Io faccio l'allenatore ma, al momento, sono fermo. Lo scorso anno sono stato chiamato a Chieti e sono riuscito a salvare la squadra che non viveva un momento facile. Sono stato chiamato a marzo e poi siamo arrivati a tre punti dai play-off. Poi è cambiata la società ed è cambiato il progetto tecnico. Adesso sono in attesa, vediamo cosa succede. Mi piace molto allenare e l'adrenalina che ti dà. Sono partito con le giovanili di Juve Stabia e Vicenza. È da una decina d'anni che sono in panchina".

"I bomber di provincia non sono più come una volta"

I giovani di oggi sono diversi da quelli del passato, anche nel mondo del calcio: "Io sono d'accordo su queste critiche. Molti ragazzi non sono applicati e predisposti al lavoro. Poi c'è il talento che arriva perché è qualcosa di differente. Tanti, però, non hanno la cultura del lavoro o la voglia di rinunciare anche a piccole cose subito per avere un ritorno in futuro. Parliamo spesso dei ragazzi di altre nazioni ma, a mio parere, la più grande differenza credo sia soprattutto la voglia di applicarsi e di voler arrivare unita ad una grande passione. Anche da noi ci sono i talenti ma è la ‘fame' a fare la differenza". Luiso è stato uno dei cosidetti bomber di provincia, etichetta che nel tempo è cambiata per molti attaccanti: "Secondo me esistono ancora, ma non sono più come una volta. Credo che siano molto più presenti nei campionati minori, Serie C o tornei regionali, rispetto a quando giocavo io ma ci sono. Sono molto più giovani di noi, della mia generazione, ma fanno dei percorsi diversi perché crescono nei settori giovanili e vengono mandati in prestito per fare esperienza".

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