TORINO - La condizione di incertezza che paralizza il calcio italiano è lo specchio del Paese: è un po’ questo, in sintesi, il messaggio che Marcello Lippi ha inviato nell’etere, attraverso la radio. Che è poi opinione popolare diffusa, trasformata in pensieri e parole forti dall’ex ct azzurro campione del mondo: «Il presente che stiamo vivendo è vomitevole, mi fa arrabbiare (anche se il termine non era proprio questo..., ndr). Continuano a dirci che bisogna essere uniti, ma ognuno pensa ai cavoli suoi sia a livello politico che scientifico. Siamo nel 2020, andiamo su Marte e non siamo capaci di trovare un vaccino per il virus». Questo sul quadro generale, ma anche sulla questione calcistica Lippi dimostra di avere le idee chiare: «Certo che bisogna ripartire con il campionato. Ci dicono da un sacco di tempo che dobbiamo convivere con il virus e allora perché il calcio non può ripartire? Adesso questa malattia ha perso potenza, non è più come due mesi fa quando fummo travolti da uno tsunami, è gestibile in maniera diversa il problema, gli ospedali possono organizzarsi e allora perché non deve ripartire il calcio? Sul calcio c’è una demagogia impressionante. Può piacere o meno, ma quello professionistico è un’industria e va trattata come tale»