Francia, l'ora del Theo nel deserto

La saga degli Hernandez, da Lucas subito infortunato al milanista che ora aspetta Messi in fi nale per la prova della verità
Francia, l'ora del Theo nel deserto© EPA

Nel Mondiale alla rovescia, in cui è estate a Buenos Aires e non a Parigi, in cui spesso il numero ufficiale di spettatori comunicato dalla Fifa è superiore alla massima capienza dello stadio, può capitare che la finalista con il maggior tasso di Hernandez sia la Francia e non l'Argentina. La parabola qatariota di Theo Hernandez disegna una traiettoria che mette insieme la casualità del Mondiale ma anche la spietata legge che, superata una certa soglia nel torneo, riduce a zero le sorprese: così, dopo essersi ritrovato titolare per caso a causa del grave infortunio al fratello Lucas al quinto minuto della prima partita, è stato lui a premere il grilletto sul Marocco, fin lì miglior difesa del torneo e invece trafitto dopo meno di cinque minuti con una soluzione acrobatica in puro Theo-style.

Theo Hernandez è un nome da cattivo da western di Sergio Leone, così come la ghigna che si porta a spasso da anni come se fosse Eli Wallach, il Tuco de Il Buono, il Brutto e il Cattivo, cordialmente detestato da tutte le tifoserie che non siano quella del Milan. Polemico, viscerale, teatrale (Theatrale?), amante dell'eccesso, è un perfetto esemplare da finale Mondiale. Da parecchi mesi si sta comportando da miglior esterno sinistro al mondo e ciononostante dà la sensazione di avere ancora margini di crescita, per esempio nella tecnica ancora da sgrezzare o nelle letture difensive, comunque enormemente migliorate rispetto a due anni fa. A questo proposito, anche un ottimista spacca-tutto come Theo avrà visto e rivisto la scena del vilipendio compiuto martedì sera da Messi ai danni di Gvardiol, avvenuto su zolle di sua competenza, quelle del centro-sinistra difensivo. E chissà com'è il film della finale che si sta girando in testa, lui ultimo dei mohicani di una difesa indolenzita da chissà quale virus, lui che Messi nei Clasicos Real-Barça l'ha affrontato solo per un quarto d'ora, in una lontana Supercoppa 2017, quando aveva 19 anni e ancora in Spagna speravano di convocarlo in nazionale.

Mediamente acciaccato ma senza febbre, non costretto a trangugiare le tisane con miele Theo Hernandez ha esordito in nazionale nel settembre 2021 e zenzero amorevolmente preparate da Dembelé, anche Theo si è svegliato stamattina con il pensiero, magnifico e terribile, che lo aspetta la partita più importante della carriera. Assalterà la difesa argentina a colpi di martello o gli toccherà l’ingrata parte dell’incudine? Anche in semifinale la Francia ha dimostrato che sulla propria sinistra le riesce meglio attaccare che difendere, visto che di Griezmann ce n’è uno solo e di nome fa Antoine e non Kylian. Presumibilmente è lì che busserà l’Argentina, magari spingendo avanti anche l’ottimo Molina. Nel Mondiale meno piovoso della storia recente si preannuncia finalmente tempesta, lo stato d’animo prediletto da Theo, che da stasera potrebbe finalmente superare almeno in una voce del palmares il suo mentore Paolo Maldini, l’uomo a cui deve ben più di una cena. Hernandez sembra poco interessato alle diecimila coincidenze con la storia che riguardano l’Argentina: il suo tempo è il presente, qui e ora, dritto come un missile, puntuale come un treno molto poco italiano pronto a manifestarsi con il consueto impeto intorno alle cinque del pomeriggio, l’ora perfetta per il Theo nel deserto.

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