Aliou Cissé, il Simeone d'Africa sfida Van Gaal

Molto appassionante la sfida tra il ct del Senegal e quello dell'Olanda, due personaggi da romanzo
Aliou Cissé, il Simeone d'Africa sfida Van Gaal© EPA

Tre partite, due grandi europee (o presunte tali), un solo titolo mondiale in campo in 270 minuti tra Gruppo A e Gruppo B. Prima istantanea di giornata che rimarrà, o dovrebbe rimanere: Harry Kane che entra in campo con il braccio guarnito dalla fascia “One Love” in Inghilterra-Iran, aperitivo (rigorosamente analcolico) alle 14 ora italiana. Perché i responsabili del calendario abbiano piazzato gli inglesi e Senegal-Olanda di pomeriggio per giocarsi l’imperscrutabile Galles-Usa come prima partita in prima serata del primo Mondiale autunnale della storia è uno dei piccoli misteri di giornata.

L'ora di Foden

Molti bookmaker danno gli inglesi come quarti favoriti dopo Brasile, Argentina e Francia, soprattutto grazie a un tabellone piuttosto autostradale almeno fino ai quarti. I riflettori puntati come di consueto sul reparto offensivo, popolato di stelle e stelline della Premier, offuscano dal punto di vista mediatico la bontà della fase difensiva dell’Inghilterra, evidente soprattutto agli ultimi Europei quando l’unico che riuscì a farle gol su azione fu Leonardo Bonucci. Per il definitivo salto di qualità, per poter essere davvero credibile sulle quattro settimane e non ridurre “It’s coming home” alla solita cantilena anti-scaramantica che non porta da nessuna parte, il tremebondo Southgate avrà bisogno soprattutto di Phil Foden, il wonder boy del Manchester City già più volte incoronato da Guardiola, che fallì l’appuntamento con l’Europeo di casa soprattutto per colpa di una pressione che si mise da solo, candidandosi come salvatore della patria con un po’ troppo anticipo. Se è vero che il Mondiale spesso esalta i campioni che partono dalla seconda fila, da Sneijder e Robben 2010 a Griezmann 2018, il Foden del 2022 può rientrare in questa categoria.

Rimpianto Mané

Senegal-Olanda, decisamente il match più appassionante di giornata, vive sul confronto di stile tra due dei ct più affascinanti del Mondiale. Il mondo occidentale pensava di sapere tutto di Louis e invece sapeva quasi tutto: per esempio, ad aprile ha annunciato di aver definitivamente sconfitto un tumore alla prostata dopo 25 sedute di radioterapia che aveva tenuto nascoste persino ai suoi giocatori (“Di giorno andavo in ritiro, di notte in ospedale”). Oggi incrocia le lame con Aliou Cissé, che da giocatore fu magnifico capitano del Senegal 2002, quello che andò a un golden gol della Turchia dall’attraversare le colonne d’Ercole mai varcate dal calcio africano, ovvero l’approdo in semifinale. Oggi è una specie di Simeone d’Africa, merce rara in un continente che ha sempre faticato a crearsi allenatori credibili: campione continentale a febbraio, capo carismatico di una squadra che per tempra e organizzazione potrebbe anche riuscire a oltrepassare l’infortunio di Sadio Mané che purtroppo priva il Mondiale, dopo il forfait del Pallone d’Oro, anche del Pallone d’Argento.

Drago Bale

Parafrasando una famosa battuta di Manlio Scopigno alla vista di Niccolai in campo a Messico 1970, “tutto ci aspettavamo dalla vita tranne che vedere Galles-Usa in diretta da Al-Rayyan su Rai1”. Accompagnato da uno degli inni più belli del mondo e del Mondiale, il Galles è arrivato in Qatar con un entusiasmo da festa di fine liceo, consapevolmente aggrappata a vecchie glorie che da tempo hanno messo la maglia rossa in cima alle loro priorità lavorative: non solo Aaron Ramsey, di cui questo giornale ha raccontato per filo e per segno le grottesche peripezie al J Medical, ma soprattutto il vecchio drago Gareth Bale, variabile impazzita di un girone decisamente livellato verso il basso. Pochi dubbi che arriverà tirato a lucido all’appuntamento di stasera, galvanizzato anche dall’abbondanza di Golf Club a Doha e dintorni.

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