"Mateo Retegui è un goleador e non è poco. È ciò che avevamo visto quando l'abbiamo seguito. Le qualità del centravanti le ha, ora dobbiamo aspettare e dargli tempo: è come un alunno in una scuola nuova, deve imparare tutto. Se arrivasse in Serie A sarebbe una buona cosa, gli darebbe più forza". 26 marzo 2023, La Valletta, Malta-Italia 0-2. Parole di Roberto Mancini, decisamente profetiche, considerato ciò che in un anno e mezzo è diventato il figlio di Carlos Retegui, allenatore ed ex giocatore di hockey su prato e di María de la Paz Grandoli, hockeista anche lei. Mateo, nato il 29 aprile 1999 a San Fernando, area Nord della conurbazione Grande Buenos Aires, cittadino argentino e italiano per discendenza, grazie al nonno della mamma, Angelo Dimarco, originario di Canicattì; il nonno del padre, Angelo Podestà, era di Sestri Levante.
Sette gol nelle prime 7 giornate con l'Atalanta, capocannoniere del campionato con Thuram, 5 gol in 15 partite (ma soltanto due giocate per intero) nella Nazionale che, finalmente, ha trovato il bomber inseguito da troppo tempo. E portato in azzurro dal ct campione d'Europa fra lo scetticismo generale. Quel giorno a Malta, dopo avere segnato la seconda rete nell'arco di 72 ore (la prima l'aveva rifiata all'Inghilterra nel debutto napoletano), Retegui confidò raggiante: «La chiamata di Mancini è stata una meravigliosa sorpresa per me. Un momento unico che mi ha sorpreso poiché non potevo crederci. Ora sono felice e orgoglioso di rappresentare l'Italia. Farò di tutto per continuare a vestire la maglia azzurra. So che è difficile, ma ce la metterò tutta". Così ha fattto, Mateo. E pensare che pochi, all'epoca, immaginavano quanto il bomber manifestasse un simile entusiasmo, sapendo che, se avesse scelto l'Italia, avrebbe rinuciato per sempre all'Albiceleste campione del mondo. Argomentò Mancini: "Stavamo seguendo Retegui da tempo, è giovane, ma da due anni gioca titolare nel campionato argentino. Ha qualità che in questo momento a noi purtroppo mancano. Pensavamo non volesse venire, invece ha detto subito di sì e l'abbiamo convocato".
Dare a Mancini ciò che è di Mancini
Oggi che Spalletti, successore dell'attuale ct dell'Arabia Saudita, ha trovato il centravanti ricercato per anni, bisogna dare a Mancini ciò che è di Mancini: il merito di avere intuito le qualità e il potenziale dell'attaccante, infischiandosene dello scetticismo generale, delle discussioni su oriundi sì/oriundi no, financo delle ironie che salutarono la prima chiamata di Retegui a Coverciano. Si disse: non sapendo più che pesci pigliare, il selezionatore va a pescare in Argentina un giocatore semisconosciuto. Che poi, tanto semisconosciuto non era, trattandosi del cannoniere del campionato sudamericano, capace di segnare 23 gol stagionali con la maglia del Tigre, cui era stato ceduto in prestito dal Boca Juniors. Il terzo prestito della carriera di Retegui, dopo l'Estudiantes e il Talleres. Mateo aveva esordito in prima squadra con il Boca, a 19 anni. Era il 17 novembre 2018, alla Bombonera, teatro della gara di Primera Division vinta per 1-0 sul Patronato, quando sostituì Carlitos Tevez nei minuti finali. Retegui incarna la gioia del gol: lo si vede dal suo modo di esultare, spontaneo, genuino, né artefatto né a favore di telecamere portando le mani alle orecchie o che altro.
L'esordio in Nazionale; il trasferimento al Genoa dove, nonostante gli infortuni ne avessero frenato il rendimento, aveva formato con Gudmundsson la coppia d'attacco decisiva per la salvezza del Grifone; l'approdo all'Atalanta, l'8 agosto scorso, in cambio di 22 milioni di euro per il cartellino, ai quali aggiungere 3 milioni legati ai bonus di rendimento. A occhio e croce, sempre più a portata di mano, considerata la partenza a razzo del bomber che otto giorni fa ha firmato la prima tripletta in Serie A, proprio conto il Genoa, più che mai sofferente per la sua cessione, al pari di Gudmundsson alla Fiorentina. Luca Percassi e Tony D'Amico presero Retegui in meno di 72 ore dal grave infortunio di Scamacca: un colpo da manuale per mettere a disposizone di Gasperini un azzurro da Champions League e da Nazionale, "un attaccante completo che segna e fa segnare". Così parlò Mancini, facendo il suo ultimo regalo all'Italia che nel 2021 aveva riportato sul tetto d'Europa, dopo 43 anni d'attesa. Quando si dice il sesto senso di chi conosce che cosa sia il talento, essendone stato dotato in quantità industriale sin dalla tenerissima età. E sa come riconoscerlo negli altri. Shukran, Mancio. Grazie, Mancio