"Il coraggio della Juve, Motta geniale, l'Inter favorita": Prandelli esclusivo

Intervista all'ex ct azzurro: "Fiducia a Spalletti, il calcio italiano tolga la tattica dalla testa dei giovani. E si giochi solo a mercato finito"

Riecco l'Italia e riecco Cesare Prandelli. Ma è anche il primo stop della serie A con la Juventus in testa insieme all'Inter (oltre che a Udinese e Torino) e quindi l'ex ct azzurro ed ex giocatore bianconero si sdoppia nelle sue analisi dal buen ritiro che si è autoimposto. Ha deciso di non allenare più, è uscito dal mondo del calcio, ma il 67enne ex tecnico di Fiorentina, Roma e Parma tra le altre, ha ancora tanto da dare in termini di idee a un movimento che non sta, eufemisticamente, benissimo. Come vede la ripartenza dell'Italia di Spalletti?  "Ho sempre detto di avere grande fiducia in Luciano e non è che cambio idea dopo il risultato dell'ultimo Europeo. Stanno lavorando tanto, stanno cercando di capire quali ragazzi possono essere più utili nella continuità e nel futuro. Il calcio italiano ha bisogno di far giocare più giovani possibili, all'ultimo Europeo c'erano diversi giocatori con poca esperienza internazionale. Il calcio deve essere al centro del progetto: Federazione e Lega devono assolutamente andare d'accordo".

C'è il ritorno di Tonali dopo la squalifica, ci sono le novità Okoli e Brescianini. Non si può certo dire che a Spalletti manchi il coraggio...

"Tonali non lo scopriamo adesso, gli facciamo un grosso in bocca al lupo per il rientro, può dare qualità e leadership al nostro centrocampo. Gli altri due sono giovani e fanno parte del coraggio che dobbiamo avere in questo momento perchè purtroppo non siamo a livelli altissimi...".

Non trova ci sia bisogno di riscoprire un po' la qualità a scapito della fisicità spesso esasperata, fin dai settori giovanili? La Spagna, in fin dei conti, non ha vinto l'Europeo con muscoli e centimetri, ma con i piedi buoni, la velocità e il cervello fino...

"La Spagna è un discorso a parte: là giocano tutti allo stesso modo, fin da piccoli, quando salgono di categoria non cambia nulla nella loro mentalità. I tre ruoli che conoscono, li fanno bene. Noi ci siamo innamorati del giochismo a scapito della collettività, della fantasia e della imprevedibilità che un ragazzino deve avere. Facciamo così fatica a produrre centravanti, a fare gli uno contro uno, le mezze punte non ci sono più. E i nostri ragazzi non crescono. Quando parlo così mi riferisco ovviamente ai settori giovanili poi le prime squadre è giusto che facciano quello che vogliono. Io parlo della base: un ragazzo quando arriva a 18-19 anni deve essere pronto alla tattica individuale perchè l'imprevedibilità nel calcio fa ancora la differenza. La prima cosa da fare nei settori giovanili sarebbe quella di togliere la tattica, intesa come un sistema di gioco rigido ed esasperato. Se la si eliminasse fino ai 15-16 anni, credo che uscirebbero più le qualità dei nostri giovani".

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Quindi non è solo un problema di troppi stranieri?

"Dobbiamo avere la forza di far crescere i futuri italiani, sono il nostro patrimonio. Poi non bisogna avere la paura di confrontarci. Dal Sudamerica arrivano ragazzi giovanissimi con già grande personalità, di fronte ai quali i nostri sono in ritardo di 2-3 anni".

Mario Balotelli avrebbe potuto essere il vero, grande centravanti dell'Italia per almeno 10-12 anni...

"Su di lui ho parlato talmente tanto che avrei potuto scrivere due libri. Gli ho voluto e gli voglio sempre tanto bene. Era un giocatore di talento, dai grandi colpi, riconosciuto da tutti. Poi però la continuità è un'altra cosa".

Cosa ha detto la serie A dopo le prime tre giornate?

"Quest'anno è stata molto disturbata dal mercato. Conosco le dinamiche, so cosa vuol dire lavorare su un gruppo e due giorni prima della partita arriva il dirigente che dice "ho venduto questo e quello, ho preso quello e quell'altro". Il giocatore non è un pacco postale, vive di emozioni e di rapporti coi compagni. Bisognerebbe giocare solo a mercato finito. Qualche anno fa era stato fatto e mi sembrava che andasse anche abbastanza bene, ma quando le cose vanno abbastanza bene noi siamo... capaci di cambiarle (sorride amaramente, ndr)".

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Io modello Motta? Thiago è geniale

L'Inter resta la favorita? Chi vede come possibile competitor numero uno tra Juventus, Milan, Napoli o altre?

"L'Inter rimane la favorita e anche con un certo margine. Intrigante l'idea nuova della Juventus. Thiago Motta è uno degli allenatori più bravi, capaci e completi in circolazione. E' forse l'unico giovane non rigido sullo sviluppo del gioco, lavora sui principi e sugli spazi da occupare, ma senza diktat. La società Juventus ha avuto il coraggio di cambiare tutto quello che andava cambiato, con giocatori giovani e un allenatore con idee molto chiare".

Ha notato che Thiago Motta tende a citarla come modello?

"Modello è una parola da non scomodare. Io e lui abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto. L'anno scorso andavo ogni tanto a Bologna perchè mio figlio lavorava per il club quindi ci incrociavamo, facevamo due chiacchiere. Fin dalle prime partite ho capito che quella squadra poteva andare lontano. Dissi a mio figlio che gli avversari difficilmente avrebbero trovato le contromisure. Non era facile capire come giocava quel Bologna. Thiago non è un giochista rigido, da tre tocchi, triangoli e profondità sempre quella. No. Il suo è un principio di calcio basilare.

Vogliamo tutti giocare la palla, vogliamo tutti occupare gli spazi, ma lui lo fa con equilibrio. E poi lascia la libertà. Zirkzee era un giocatore da scoprire, da far crescere e lui l'ha fatto diventare regista della parte offensiva riuscendo anche a fargli far gol. E' stata un'intuizione geniale, geniale. Calafiori aveva sempre giocato a sinistra, lui l'ha messo centrale nonostante le critiche e le diffidenze iniziali. Questo significa che gli allenatori bravi sono ancora importanti".

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Riecco l'Italia e riecco Cesare Prandelli. Ma è anche il primo stop della serie A con la Juventus in testa insieme all'Inter (oltre che a Udinese e Torino) e quindi l'ex ct azzurro ed ex giocatore bianconero si sdoppia nelle sue analisi dal buen ritiro che si è autoimposto. Ha deciso di non allenare più, è uscito dal mondo del calcio, ma il 67enne ex tecnico di Fiorentina, Roma e Parma tra le altre, ha ancora tanto da dare in termini di idee a un movimento che non sta, eufemisticamente, benissimo. Come vede la ripartenza dell'Italia di Spalletti?  "Ho sempre detto di avere grande fiducia in Luciano e non è che cambio idea dopo il risultato dell'ultimo Europeo. Stanno lavorando tanto, stanno cercando di capire quali ragazzi possono essere più utili nella continuità e nel futuro. Il calcio italiano ha bisogno di far giocare più giovani possibili, all'ultimo Europeo c'erano diversi giocatori con poca esperienza internazionale. Il calcio deve essere al centro del progetto: Federazione e Lega devono assolutamente andare d'accordo".

C'è il ritorno di Tonali dopo la squalifica, ci sono le novità Okoli e Brescianini. Non si può certo dire che a Spalletti manchi il coraggio...

"Tonali non lo scopriamo adesso, gli facciamo un grosso in bocca al lupo per il rientro, può dare qualità e leadership al nostro centrocampo. Gli altri due sono giovani e fanno parte del coraggio che dobbiamo avere in questo momento perchè purtroppo non siamo a livelli altissimi...".

Non trova ci sia bisogno di riscoprire un po' la qualità a scapito della fisicità spesso esasperata, fin dai settori giovanili? La Spagna, in fin dei conti, non ha vinto l'Europeo con muscoli e centimetri, ma con i piedi buoni, la velocità e il cervello fino...

"La Spagna è un discorso a parte: là giocano tutti allo stesso modo, fin da piccoli, quando salgono di categoria non cambia nulla nella loro mentalità. I tre ruoli che conoscono, li fanno bene. Noi ci siamo innamorati del giochismo a scapito della collettività, della fantasia e della imprevedibilità che un ragazzino deve avere. Facciamo così fatica a produrre centravanti, a fare gli uno contro uno, le mezze punte non ci sono più. E i nostri ragazzi non crescono. Quando parlo così mi riferisco ovviamente ai settori giovanili poi le prime squadre è giusto che facciano quello che vogliono. Io parlo della base: un ragazzo quando arriva a 18-19 anni deve essere pronto alla tattica individuale perchè l'imprevedibilità nel calcio fa ancora la differenza. La prima cosa da fare nei settori giovanili sarebbe quella di togliere la tattica, intesa come un sistema di gioco rigido ed esasperato. Se la si eliminasse fino ai 15-16 anni, credo che uscirebbero più le qualità dei nostri giovani".

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