Comunque vada stasera, noi siamo con Mancini e con Gravina. Oggi e domani. Lo diciamo prima perché, a parlar chiaro, non si sbaglia mai. E perché, rispetto all’11 luglio scorso, quando sul bus degli azzurri c’era gente che si attaccava ai finestrini pur di salirvi, in questi otto mesi in troppi si sono scapicollati giù. Come se questa gestione della Nazionale non avesse ottenuto risultati strepitosi, culminati con la riconquista del titolo europeo dopo 53 anni. Come se, da ventunesima che era dopo il disastro con la Svezia del 13 novembre 2017, l’Italia non fosse risalita al sesto posto del ranking Fifa. Come se i numeri di Mancini non schiacciassero le parole: 37 partite senza sconfitta (28 vittorie e 9 pareggi), record mondiale; 30 vittorie (di cui 13 di fila), 13 pareggi e 3 sole sconfitte; 102 gol fatti e 23 subiti.
Come se dovendo attingere giocatori da un campionato che, in ogni sua giornata, mediamente conta il 66% di stranieri e il 34% di italiani, il ct non avesse fatto letteralmente un miracolo. Come se, durante la pandemia, Gravina, non avesse letteralmente salvato il calcio dai fenomeni del Palazzo che lo volevano chiudere perché bisognava fare come la Francia e come se, in queste settimane, non fosse riuscito a riconquistare la capienza degli stadi al cento per cento, ottenuta per merito certamente suo e non di altri. A cominciare da questa sera, nella Palermo talismano (7 successi nelle ultime 7 gare disputate al Barbera), ancora una volta pronta a rispondere al richiamo della Nazionale in modo grandioso.
Nessuno nasconde la difficoltà dell’ostacolo Macedonia che il 31 marzo di un anno fa, a Duisburg, sconfisse la Germania in casa sua con i gol di Pandev ed Elmas e nel gruppo J di qualificazione ai Mondiali si è piazzata seconda, dietro i tedeschi e davanti a Romania, Armenia e Islanda. Né, tantomeno, nessuno sottace la condizione di alcuni azzurri che non sono al cento per cento, ma in Qatar vogliono andare. A Palermo va in campo l’Italia campione d’Europa, animata dallo spirito di Wembley, lo spirito che ci ha esaltato otto mesi fa ed è stato alla base di un’impresa storica. Lo stesso che in queste ore il ct sta infondendo nella Nazionale, trasmettendole fiducia. La stessa cui ha diritto Mancini. Oggi e domani.