La Juventus di Zoff ha da poco cucito sulla maglia la seconda stella, dopo un campionato appassionante, contraddistinto da un duello con la Fiorentina di Antognoni. Siamo nei primi giorni del giugno 1982, e la nazionale italiana si appresta a salire su un volo diretto in Spagna. L'aria che si respira è pesante, viziata da una pioggia di critiche: il ct Bearzot è il primo ad esser preso di mira, accusato del gioco non brillante espresso dalla squadra e di alcune scelte tecniche, come quella di portare al Mondiale Paolo Rossi - rientrato da poco dalla squalifica per il calcioscommesse e fuori forma - al posto di Roberto Pruzzo, capocannoniere dell'ultimo campionato.
L'Italia vola comunque in terra iberica e, insieme al ct friulano, a fungere da ombrello sulla pioggia di critiche c'è il numero 1 dei campioni d'Italia, un portiere quarantenne praticamente a fine carriera.
La 100esima
Per il capitano Dino Zoff già la prima gara d'esordio, uno 0-0 contro la Polonia che di certo non migliora la situazione degli azzurri, è l'occasione per raggiungere un traguardo storico: il portiere difende i pali della porta italiana per la 100esima volta, mai nessun calciatore aveva raggiunto tale quota con il tricolore sul petto.
L'undici di Bearzot stenta a decollare ma, per il rotto della cuffia, riesce a passare il primo girone eliminatorio. I media continuano ad attaccare la squadra che, per rimanere concentrata sulle questioni di campo, si chiude in un inevitabile silenzio stampa: l'unico a parlare a nome di tutti è proprio il capitano. Ora gli azzurri devono fronteggiare un secondo girone che definire complicato è dir poco, completato da due corazzate come Argentina e Brasile, quest'ultimo dato già come scontato vincitore.
Le imprese con Argentina e Brasile
Il 29 giugno allo Stadio Sarrià di Barcellona, il cuore azzurro strapazza l'Argentina, grazie a Gentile che argina Maradona, alla grinta di Tardelli, alla tenacia di Conti e alla freddezza di Cabrini. Ora però bisogna superare l'ostacolo più ostico di tutti, bisogna battere la Seleçao. Ai brasiliani, dopo la vittoria contro l'Albiceleste, basta un pari. L'Italia, per raggiungere un traguardo impensabile solo fino a qualche giorno prima, può solo vincere.
Il 5 luglio il teatro della sfida è ancora lo stadio dell'Espanyol, dove Zoff e compagni sono dati perdenti in partenza e dove tutti osannano la Seleçao. Il Brasile si presenta con un centrocampo composto da Socrates, Zico, Toninho Cerezo e Falcao, qualcosa di unico nella storia del gioco. C'è un però: noi italiani storicamente ci esaltiamo quando siamo in difficoltà. Inconsapevolmente il punto di forza dei ragazzi di Bearzot può essere proprio questo, in particolare per un ragazzo che quel giorno diventa il più brasiliano di tutti: Paolo Rossi si trasforma in “Pablito”.
È lui a portare avanti la nazionale prima del “democratico” pareggio del "Dottore" Socrates. La Seleçao non la butta mai, ama costruire il gioco da dietro per dominare gli avversari, ma Cerezo fa la prima cosa che ti dicono di non fare alla scuola calcio: il passaggio in orizzontale verso il centro davanti alla tua area di rigore. Si apre il corridoio per Pablito, stop a seguire, controllo e destro secco: 2-1. La gara diventa una battaglia e Collovati cede. Al suo posto entra un ragazzo che, nonostante i suoi 18 anni, è già “Zio”: Beppe Bergomi.
Nella ripresa Zoff esce alla grande su Cerezo, respinge i tentativi avversari e con grinta richiama i compagni alla massima attenzione, ma non può fare nulla sulla bomba di Falcao: siamo di nuovo al punto di partenza, col 2-2 passa il Brasile. Nella mentalità brasiliana il pareggio - anche se basta - non è ben accetto, loro vogliono vincere, ma nel calcio serve anche un po' di sana - italianissima - difesa: non come quella brasiliana, bucata per la terza volta da un'indomabile Paolo Rossi.
La parata della vita
L'impresa è più vicina, ma il Brasile potrebbe cambiare ancora una volta l'esito della qualificazione. L'occasione migliore arriva proprio all'ultimo respiro, nel momento decisivo Zoff diventa l'attore protagonista, bloccando miracolosamente sulla linea di porta un colpo di testa a botta sicura di Oscar. Guarda l'arbitro Klein e urla con veemenza: «Non è gol, non è gol!». Il più anziano di tutti è volato come un falco mettendo le sue manone sulla semifinale. Anni dopo ricorderà la prodezza come la più importante della sua vita. L'impresa è epica, i tifosi italiani non ci credono, ma è tutto vero: l'Italia ha sconfitto il Brasile dei fenomeni.
Campioni
Per rendere tutto perfetto, per far sì che le strade, i palazzi e le intere città si colorino di un azzurro a tinte tricolori, ora, bisogna vincere il Mondiale.
La Polonia viene spazzata via dall'uragano Pablito, e tra l'italia e la Coppa del Mondo c'è solo la Germania Ovest. La resistenza tedesca regge solo un tempo, prima di essere scalfita dalla capocciata di Rossi, crepata dall'urlo di Tardelli e bucata da uno “Spillo” nerazzurro che di cognome fa Altobelli. Il Bernabeu è un tripudio azzurro: Zoff può finalmente alzare al cielo il trofeo più importante di tutti. Dalla 100esima in nazionale alla Coppa del Mondo vinta a 40 anni e 134 giorni (record assoluto): il tempo servito a un uomo per diventare leggenda.