Andrea Pirlo: il Maestro del calcio

La lucente carriera di uno dei più grandi calciatori di sempre, che ha vinto tutto quello che poteva vincere con Juventus, Milan e Nazionale italiana

Il termine “maestro” è usato comunemente in vari settori contraddistinti da qualcuno che insegna o guida un singolo o un gruppo di individui. Una cosa è certa: prima di diventare “maestro” devi imparare a tua volta da qualcuno. Andrea Pirlo nasce a Flero il 19 maggio del 1979 e cresce calcisticamente nella squadra del suo paese. Già da piccolo si capisce che ha qualcosa più degli altri: nel 1992 entra nelle giovanili del Brescia. Il grande calcio lo aspetta, e lui lo raggiunge con le Rondinelle, dove gioca da trequartista a sostegno delle punte. Debutta in A a 16 anni e 2 giorni, con il Brescia già retrocesso, in un match contro la Reggina. Il ragazzo, nonostante la giovane età, partecipa alla risalita della sua squadra per poi essere acquistato dall'Inter dopo un altro campionato di A in cui arrivano anche le prime reti. Tutti si accorgono che Andrea è un predestinato e la più lesta è l'Inter. A Milano non trova spazio, passando così in prestito alla Reggina dove gioca con continuità. Il rientro in nerazzurro lo vede ancora ai margini – nel frattempo illumina con l'Under 21, dove batterà record di presenze e di marcature – e allora ecco la svolta della sua carriera: nel gennaio 2001 viene nuovamente ceduto in prestito al Brescia. 

MAZZONE E BAGGIO. Lì trova due mostri sacri, uno in panchina, l'altro in campo: Carletto Mazzone ripete con Pirlo quello che aveva fatto con Giannini anni prima. Come per il fantasista della Roma, vede in Andrea una mente troppo veloce rispetto alle sue gambe, e allora gli dice che avrebbe giocato lì, in mezzo al campo per decidere i tempi di gioco della squadra. Pirlo interpreta quel ruolo alla perfezione: vederlo giocare è un piacere per gli occhi, una goduria per chiunque ami la perfezione del gesto tecnico nel calcio. Di Baggio ascolta i consigli ma soprattutto ruba con gli occhi l'arte dei calci piazzati. A fine carriera, con 46 centri, sarà, a pari merito con Sinisa Mihajlovic, quello ad averne realizzati di più in Serie A. Memorabile il capolavoro che nell'aprile 2001 il Divin Codino compie contro la Juve, dopo un lancio effettuato con il goniometro da Andrea. Nonostante i palesi miglioramenti, l'Inter compie un grande errore, ma almeno si fa pagare 35 miliardi dal Milan. Qualche anno dopo anche i rossoneri, credendo che il tempo del regista sia finito, lo lasceranno andare via gratis.

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Il termine “maestro” è usato comunemente in vari settori contraddistinti da qualcuno che insegna o guida un singolo o un gruppo di individui. Una cosa è certa: prima di diventare “maestro” devi imparare a tua volta da qualcuno. L'allievo impara a Brescia prima nelle giovanili e poi in prestito dall'Inter. È qui che cresce, che cambia la sua carriera e, con il senno di poi, la storia del calcio italiano. Ruba con gli occhi da Baggio l'arte dei calci piazzati e ringrazia Carletto Mazzone che, da trequartista qual è, lo mette in cabina di regia ad illuminare il gioco della squadra. Diventa il rimpianto dell'Inter che lo cede senza troppe pretese e del Milan, dove dopo aver vinto tutto, poteva dipingere ancora calcio. A godere è la Juventus, perchè a Torino vive una seconda giovinezza. Il suo Palmarès parla per lui: ha vinto tutto quello che poteva vincere con Milan, Juve e Nazionale italiana. É il cervello dell'Italia campione del mondo 2006, è poesia per gli occhi quando “scucchiaia” Hart a Euro 2012, è uno dei centrocampisti più forti di sempre. L'appellativo di Maestro se lo è giustamente guadagnato sul rettangolo verde. Oggi è una data importante per il calcio: 40 anni fa a Flero nasceva Andrea Pirlo. Allora tantissimi auguri, Maestro. #amodonostro#ilcuoio#auguri#pirlo#happybirthday#andreapirlo#hbd#buoncompleanno#21#football#story#calcio#legend#maestro#ilmaestro#inter#milan#juventus#bresia#reggina#italia#italy#nazionale#azzurri#seriea#serieatim#vintage#acmilan#juventusfc#juve

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MILAN. Nella Milano rossonera diventa il fulcro del centrocampo di Ancelotti: qui ha ancora più libertà di disegnare il gioco. Nel settembre 2002 debutta nella nazionale maggiore, con la quale sarà protagonista per 13 anni: si piazzerà quinto nella classifica all-time delle presenze. L'anno seguente, oltre ad essere il migliore della sua carriera a livello realizzativo (9 reti), è quello che gli porta i primi trofei. E che trofei. Il Milan sale dopo nove anni sul tetto d'Europa e torna a vincere la Coppa Italia, che mancava dal 1977. Pirlo è diventato punto fermo del club e della nazionale, il ragazzo è ormai un calciatore di livello mondiale. Seguono stagioni ricche di successi come il primo scudetto della sua carriera (2003-04), ma anche di delusioni, come la gara di Atene in cui il Milan perde contro il Liverpool una Champions praticamente già vinta. Anni dopo nella sua autobiografia Pirlo dichiarerà addirittura di aver pensato di smettere dopo quella notte amara. Quella delusione in verità precede di un anno la più grande gioia che un calciatore possa desiderare. Andrea è infatti di fondamentale importanza per la vittoria del Mondiale azzurro. Lippi gli consegna le chiavi del centrocampo e lui lo ripaga con giocate da fuoriclasse assoluto. È suo il primo gol italiano del torneo, che funge da preludio per un Mondiale fantastico in cui regala ai compagni traiettorie perfette, come quella che Materazzi corregge in rete nella finale. Apre segnando la serie decisiva dei penalty contro la Francia e corre come un pazzo in lacrime quando Fabio Grosso fa strillare di gioia un intero Paese. Nel 2007 porta a casa un'altra Champions: il destino lo ripaga ad Atene con una rivincita romanzesca, contro il Liverpool, carnefice quattro anni prima. Lascia Milano in seguito alla vittoria del titolo 2010-11. Inspiegabilmente non rientra più nei piani della società – che si mangerà le mani – e  accetta così la proposta della Juventus

JUVENTUS. I bianconeri si assicurano, pagando solo l'ingaggio, le prestazioni di uno dei più forti centrocampisti della storia del calcio, uno che ormai è diventato Maestro a tutti gli effetti. A Torino, Andrea vive una seconda giovinezza ricca di trofei e di soddisfazioni. Con Conte in panchina vince al primo colpo, da protagonista assoluto, lo scudetto. Guida poi l'Italia alla finale di Euro 2012 persa contro la Spagna. In quel campionato europeo, come nel 2006, è uno dei migliori della squadra: segna su punizione alla Croazia e beffa il portiere inglese Hart con un dolcissimo cucchiaio nella serie dei rigori decisivi per l'approdo in semifinale. È il direttore d'orchestra del ciclo di Conte alla Juve, che si esaurisce dopo il terzo scudetto di fila nel 2014. L'anno dopo ritrova Allegri in panchina. Anche con Max vince campionato e Coppa Italia e va solo vicino ad uno storico Triplete.  I sogni si sgretolano la notte del 6 giugno, quando il Barcellona batte 3-1 la Juve e alza la Champions. Quello di  Berlino è l'ultimo giorno in cui veste la maglia della Juventus. Decide di chiudere la sua carriera con un triennio in MLS: una bella esperienza di campo, ma soprattutto di vita, nella Grande Mela con la maglia del New York City. E il 21 maggio 2018 organizza a San Siro “La notte del Maestro”, una festa condita da una sfilata di stelle (tutti i campioni con cui ha giocato durante la sua lucente carriera) per salutare ex compagni, allenatori e tifosi che hanno avuto il privilegio di vederlo giocare.

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