Nella gioia e nel dolore, come marito e moglie. Roberto Baggio e la palla: una storia d’amore unica. Tutto inizia quando il bimbo ricciolino di Caldogno la vede tra i piedi di Arthur Antunes Coimbra, un brasiliano noto come Zico: Roby vuole trattarla allo stesso modo, con dolcezza. Dai primi appuntamenti tra i prati della provincia di Vicenza all’esordio in prima squadra con il Lanerossi, ogni volta che i due s’incontrano scatta qualcosa di magico, di divino. Lui l’accarezza come solo i veri numeri 10 sanno fare: lei si fa rincorrere sui campi, ma quando è tra i piedi del suo Roberto si lascia andare. Lui dà sfogo al genio, all’immenso talento che possiede e forma arte calcistica. Il pomeriggio del 5 maggio 1985, però, rincorrendo ancora una volta la palla, Baggio incontra il primo ostacolo: il ginocchio fa crack!
E LA FIORENTINA? - Poche ore prima dell’infortunio, Baggio ha firmato per la Fiorentina. I viola sono davanti a un bivio: rescindere il contratto o credere nel recupero del diciottenne. Sono mesi duri. La paura di non poter tornare a giocare è tanta, ma la società ha fiducia in lui. Tutta la città di Firenze ha fiducia in lui. L’attesa cresce come le aspettative dei tifosi viola, ma un altro intervento chirurgico costringe Roberto a fermarsi nuovamente. Altri pensieri, altri dubbi. Il 10 maggio 1987, a poco più di due anni da quel giorno infausto, nello stadio di Diego Armando Maradona, Baggio segna il suo primo gol in Serie A. Punizione dal limite: un tocco dolce, solito, alla palla, la sua amica per la vita. È la rete che vale la salvezza per la Fiorentina. Meglio tardi che mai, ma la carriera di uno dei calciatori più grandi di sempre è iniziata.
LA JUVENTUS – Altri due anni a Firenze, in cui diventa una certezza del campionato italiano e trascina i viola fino alla finale di Coppa UEFA del 1990. Davanti c’è la Juventus, che vince il doppio confronto e si aggiudica il trofeo, ma non solo. I bianconeri per strappare Baggio alla Fiorentina offrono una cifra record al presidente Pontello e un ingaggio irrinunciabile al giocatore. La città, appresa la notizia della cessione, scende in piazza a protestare, fino a raggiungere Coverciano, dove la Nazionale si trova in ritiro per preparare i Mondiali casalinghi. Roberto è un traditore per i tifosi viola, ma una delle rivelazioni di Italia ‘90. Alla Juventus arriva una stella.
PALLONE D’ORO - Il numero 10 che porta sulle spalle non sente il peso del suo predecessore, "Le Roi" Platini. Baggio non è regale: è divino. Al primo anno, sotto la guida di Luigi Maifredi, segna 27 reti. Nella seconda stagione, con Trapattoni nuovo allenatore, si conferma capocannoniere della squadra e trascina con le sue magie la squadra al secondo posto in campionato e fino alla finale di Coppa Italia, persa contro il Parma nonostante il gol vittoria nella gara d’andata dell’ormai nuovo simbolo del calcio italiano: il Divin Codino. La perfezione delle traiettorie con cui manda in porta i compagni, l’eleganza con cui supera l’avversario, la semplicità con cui calcia il pallone, la genialità con cui s’inventa i gol sono unici: è il fiore all’occhiello di Gianni Agnelli. È il Raffaello dell’Avvocato. La stagione 1992-93 è quella della conferma a livello mondiale: dopo un avvio problematico tra fisico e società, Baggio, da vero capitano, prende per mano la squadra fino al successo continentale. La Juventus trionfa in Coppa UEFA dopo che il Divin Codino annienta il Paris Saint-Germain in semifinale (doppietta all’andata e rete al ritorno) e segna altri due gol nell’andata dell’ultimo atto del torneo contro il Borussia Dortmund. Baggio ha il mondo del calcio ai suoi piedi e alla fine dell’anno viene premiato con il Pallone d’Oro.
TRA PLATINI E DEL PIERO – Se non fosse stato per quel rigore tirato nel cielo di Pasadena, probabilmente Baggio avrebbe vinto anche il Pallone d’Oro del 1994. Con la Juve, però, l’anno dopo il Mondiale statunitense trionfa in campionato e sfiora la tripletta di trofei: contro il Parma, il 21 maggio 1995, i bianconeri tornano a vincere lo Scudetto dopo nove stagioni. Gli emiliani perdono con la squadra di Marcello Lippi anche in finale di Coppa Italia, ma trovano il successo contro la Vecchia Signora in Coppa UEFA. È l’ultimo atto della carriera di Baggio a Torino: i dissidi con la società e con l’allenatore sono troppi. Non c’è il clima giusto per il rinnovo contrattuale e la numero 10 può passare sulle spalle di un altro immenso talento: Alessandro Del Piero. La storia con la Juventus non è stato un lieto fine, ma entrambi hanno dato molto l’uno all’altro. Il vero amore di Roberto, quello con la palla, è rimasto intatto fino al giorno del suo ritiro. Con le maglie di Milan, Bologna, Inter e Brescia ha continuato a dipingere sui campi, a illuminare le generazioni di fine millennio nonostante i continui infortuni lo invitassero a dire basta. Il bimbo ricciolino, ispirato da Zico, diventato Divin Codino: l’icona del periodo d’oro del calcio nostrano, il numero 10 d’Italia.